La politica, quella vera, sembra ormai un ricordo sbiadito. Lontana dagli ideali e vicina agli interessi personali, appare sempre più schiacciata da dinamiche che privilegiano l’individuo rispetto alle idee. Nella nostra società, il protagonismo dei leader si accompagna a una selezione discutibile delle persone che li circondano, alimentando cerchi magici di potere che dividono più che unire. Una condizione che non solo allontana i cittadini dalla politica, ma compromette anche la capacità di affrontare le sfide collettive.
Una politica dominata dal materialismo
Viviamo in un’epoca in cui il denaro è al centro di tutto. L’individuo, anziché essere il fulcro della società, è spesso relegato a un ruolo marginale. Questo materialismo di fondo genera conflitti, personalismi e interessi che annullano ogni tentativo di costruire una visione politica solida e inclusiva.
Quando l’obiettivo principale diventa ottenere un vantaggio personale, la politica si trasforma in una sorta di arena, dove vince chi sgomita di più. Chi riesce a entrare nel cerchio magico del potere ottiene favori e privilegi; chi ne resta fuori è costretto a combattere per non essere dimenticato. È in questo meccanismo perverso che nascono le oligarchie, strutture che riducono la politica a un club esclusivo, lontano dalle vere esigenze dei cittadini.
Le riforme elettorali e il declino del proporzionale
La situazione attuale è anche il risultato di riforme elettorali che hanno progressivamente spostato l’attenzione dall’idea alla persona. La fine del proporzionale puro, ad esempio, ha ridotto il ruolo dei partiti come centri di elaborazione culturale e politica, trasformandoli in comitati elettorali. Questo ha avuto un impatto devastante: i leader sono diventati i protagonisti assoluti, e la fedeltà personale ha sostituito la condivisione di un progetto comune. Il proporzionale puro, con tutti i suoi limiti, garantiva una rappresentanza più ampia e inclusiva. Ogni voce trovava spazio, e il confronto politico era una necessità, non una scelta. Oggi, al contrario, i sistemi elettorali maggioritari o misti favoriscono la concentrazione del potere, con il rischio di creare governi poco rappresentativi e orientati più alla gestione che alla trasformazione.
La formazione politica come risposta alla crisi
Di fronte a questo scenario, è evidente che serve un cambiamento profondo. Non possiamo limitarci a criticare i leader o a lamentarci dei cerchi magici: dobbiamo ripensare il modo in cui formiamo i cittadini. La politica non può essere un affare per pochi; deve tornare a essere un impegno collettivo. E per farlo, è necessario partire dalle basi, dall’educazione. Introdurre una disciplina scolastica che insegni la politica potrebbe essere la chiave per invertire questa tendenza. Non si tratta di indottrinare, ma di fornire ai giovani gli strumenti per comprendere la complessità del governo della cosa pubblica. La politica, intesa come gestione del bene comune, deve essere insegnata come una scienza e come un’arte, capace di unire teoria e pratica, ideali e realtà. In questo contesto, la scuola può giocare un ruolo fondamentale. Un programma di educazione politica ben strutturato potrebbe aiutare le nuove generazioni a sviluppare un senso critico, a comprendere i meccanismi della democrazia e a partecipare attivamente alla vita pubblica. Solo così possiamo sperare di costruire una società più consapevole e più giusta.
Dai personalismi alle idee: un nuovo paradigma
La politica deve tornare a essere il luogo delle idee, non degli interessi personali. Per farlo, è necessario rompere il ciclo vizioso dei cerchi magici. Quando una persona esce da queste dinamiche di potere, improvvisamente si trasforma: diventa paladina dei valori, difensore delle idee, sostenitore delle cose giuste. Ma questa metamorfosi, spesso tardiva, non fa che confermare l’ipocrisia di un sistema incapace di guardare oltre il proprio immediato interesse. Questa contraddizione non è nuova. Da secoli, la politica è segnata da lotte di potere e da ambizioni personali. Tuttavia, ciò che cambia è la nostra disponibilità ad accettare questo stato di cose. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di un cambio di paradigma, di un ritorno a una politica basata sul dialogo, sulla partecipazione e sulla condivisione.
La sfida del collettivo
Il futuro della politica dipende dalla nostra capacità di superare i personalismi e di lavorare per un obiettivo comune. La società è chiamata a uno sforzo collettivo, che richiede non solo nuove regole, ma anche un nuovo atteggiamento. Dobbiamo riscoprire il valore della comunità, dell’impegno condiviso, della solidarietà. Per fare questo, è necessario ripensare il nostro rapporto con la politica. Non possiamo limitarci a scegliere il leader più carismatico o il partito più promettente: dobbiamo partecipare attivamente al processo politico, chiedendo trasparenza, responsabilità e visione.
Un ritorno al proporzionale puro?
In questo contesto, un ritorno al proporzionale puro potrebbe rappresentare una soluzione. Questo sistema elettorale, sebbene complesso, garantisce una rappresentanza più ampia e una maggiore partecipazione. Tuttavia, non basta cambiare le regole: serve anche un cambiamento culturale. Dobbiamo imparare a vedere la politica come un mezzo per migliorare la società, non come un’opportunità per soddisfare i nostri interessi personali. Il proporzionale puro potrebbe favorire una politica più inclusiva e meno polarizzata, ma deve essere accompagnato da un impegno concreto per la trasparenza e la partecipazione. Solo così possiamo sperare di superare le oligarchie e di costruire una politica più aperta e più giusta.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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