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L’analisi/ Agenzie di rating, la riforma è urgente


Non ci si deve inorgoglire eccessivamente per il costante successo nel collocamento dei Btp decennali e dunque per il meno oneroso finanziamento del debito con questo strumento, ma non si può non sottolineare la primazia, tenendo conto dei diversi parametri, nei confronti dei titoli pubblici dei principali Paesi europei, a cominciare dai Bund tedeschi rispetto ai quali gli spread sono pari, alla fine della scorsa settimana, a 126 punti base, mentre agli inizi dell’anno erano di 170 circa. Si aggiunge la conferma del rating rilasciato da Moody’s che, pur non essendo una promozione a pieni voti, tuttavia è un giudizio di buona tenuta, almeno per questo importante strumento di raccolta del risparmio, considerati il contesto geopolitico con l’aggravamento delle crisi indotte dalle due guerre in corso, i problemi della crescita, i gravosi impegni delle transizioni ecologica e digitale, i temuti impatti delle politiche economiche che potrebbero essere adottate dalla prossima amministrazione americana Trump. Ma si commetterebbe un grave errore se ci si cullasse sugli allori (benché non numerosi, certo), anziché cogliere questa occasione moderatamente favorevole per rilanciare con maggiore forza le riforme di struttura, comprese e no nel Pnrr, definire una legge di bilancio con una Manovra che guardi anche al futuro, proporre nell’Unione una politica che assuma finalmente l’emissione di debito comune per il finanziamento dei beni pubblici europei.

È quando si sta meglio che si possono avere le carte in regola per sostenere innovazioni e riforme a livello europeo che non siano intese come destinate a supplire a ritardi e inadeguatezze nazionali. E’ in questi casi che bisogna battere il ferro caldo. Dunque, paradossalmente, dal miglioramento del finanziamento di un debito che marcia verso il 140 per cento del Pil mentre la manifattura sta da tempo arretrando e la povertà nelle sue diverse declinazioni aumenta, bisogna trarre lo stimolo a fare ciò che in momenti più gravi è più difficile fare. D’altro canto, bisognerà astenersi dalla “schadenfreude”, dal gioire per le difficoltà altrui, in particolare della Germania, difficoltà che si riverberano pure su di noi, dato il livello del nostro export.

Considerazioni similari a tutto quanto precede valgono per le agenzie di rating. Sostenere l’esigenza di una loro riforma e, prima ancora, sottolineare quelle che sono ritenute lacune , dimenticanze o inadeguatezze quando sono più stringenti i problemi del finanziamento del Tesoro, può essere pur sempre interpretato come la reazione dell’alunno che ha avuto un brutto voto e reagisce contro il professore o contro i criteri di valutazione, anche se l’allievo magari si potrebbe trovare nel giusto e sia il docente ad avere sbagliato. In effetti, i problemi dell’ordinamento e dell’operare delle agenzie in questione non sono affatto infondati. Al di là del fatto di trascurare punti fondamentali, presupposti e motivazioni di un giudizio – dal risparmio privato alla ricchezza finanziaria, alla sostenibilità previdenziale – è il pieno assoggettamento di queste agenzie a una funzione di Vigilanza che appare necessario, nonché a norme che disciplinino controlli antecedenti, concomitanti e successivi sulla loro attività. Sia chiaro: non si tratta affatto di intervenire od ostacolare il merito delle valutazioni, tutt’altro. Occorre, invece, chiarezza su come si formano le valutazioni, sui documenti consultati, sui confronti sostenuti, sui pareri acquisiti; occorre, altresì, che sussistano rigorose norme sui conflitti di interesse e sulle incompatibilità, nonché sui requisiti di competenza e onorabilità, alla stregua di un intermediario finanziario. Il problema di ” Quis custodies ipsos custodes” in questo campo è ben presente. Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha espresso nelle scorse settimane considerazioni rigorose e icastiche sulle carenze delle agenzie in questione. La disciplina finora adottata a livello europeo è molto limitata.

È necessaria una regolamentazione organica e l’ambito non può non essere quello comunitario a cui andrebbero aggiunti accordi internazionali, dato il carattere transnazionale dell’agire di tali società. Per finire, vi è ora l’attesa della riduzione dei tassi di interesse, motivata dal calo dell’inflazione ormai prossima al 2 per cento e dalla crescita asfittica. Se si da’ il segnale di determinazione nel “fare i compiti a casa”, si è ancor più legittimati a chiedere un deciso allentamento monetario per rilanciare l’azione delle imprese e sostenere le famiglie. È, dunque, necessario rilanciare il tema di un raccordo tra politica monetaria, politica economica e di finanza pubblica nonché politica dei redditi per quanto oggi possibile, al livello europeo e nazionale. Non è facile, ma bisogna almeno provare a sostenere una tale esigenza.

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