(PressMoliLaz) Campobasso, 25 Nov 24 Le celebrazioni della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne si avvicendano, anno dopo anno, ma quasi nulla sembra cambiare. Nonostante gli sforzi normativi, gli eventi divulgativi, la formazione nelle scuole, il fiorire di enti e associazioni che si occupano di violenza sulle donne, il numero delle vittime del non-amore continua ad essere importante.
Il contatore del 2024, sempre aggiornato sul sito del Dipartimento Mobbing e Stalking della Uil Nazionale, mentre scriviamo segna il numero 81 per indicare le donne uccise perché donne, mogli, compagne, madri. Preoccupante è anche il numero dei figlicidi, 9.
Trafigge il cuore il numero degli orfani, 35 fino ad ora, solo nel 2024. Bambini che in un battere di ciglia perdono per sempre la madre per mano, quasi sempre, del loro padre. Dall’analisi dei dati effettuata dal servizio della Uil nazionale,utilizzando anche fonti ISTAT e del Ministero dell’Interno, emerge che fra le vittime di femminicidi e figlicidi nel 2024 si evidenzia una netta prevalenza di donne adulte, in particolare nella fascia di età 31-50 anni, mentre la fascia 0-10 anni risulta colpita significativamente dai figlicidi.
Le vittime italiane costituiscono il 62,2% del totale, mentre il 37,8% delle vittime sono straniere, spesso provenienti da aree come il Centro-Sud America e l’Est Europa. Queste donne sono vulnerabili a causa di condizioni socio-economiche difficili e spesso mancano di supporto sociale.
L’analisi della distribuzione regionale evidenzia forti disparità nel tasso di femminicidi per milione di abitanti. Le regioni con i tassi più alti sono la Sardegna, la Sicilia e la Campania, mentre quelle con i tassi più bassi sono il Veneto e il Piemonte.
La media nazionale è di 1,35 femminicidi per milione di abitanti. E’ la Lombardia che registra il numero più alto di vittime, 15, seguita da Campania, 10, e Sicilia, 9. La nostra regione per fortuna non ne ha registrati. Le modalità di omicidio mostrano che la maggior parte è compiuto con armi da fuoco e coltellate, seguite da strangolamento e percosse. Quest’ultima modalità si presume sia la più sofferta dalla vittima. L’uso di armi da fuoco è tipico di omicidi premeditati.
La maggior parte dei femminicidi è commessa da partner o ex partner, confermando che sono strettamente legati a dinamiche di violenza domestica. Per questo motivo occorre sforzarsi per trovare il modo di anticipare i delitti, di fermare la strage degli innocenti tuttora in atto nonostante tutto. Non si può negare che nell’anno che sta per terminare, soprattutto a seguito della morte di Giulia Cecchettin alla fine del 2023, si è parlato molto di più del fenomeno della violenza sulle donne, che solo nel tragico epilogo culmina nel delitto letale.
La violenza domestica è una realtà spesso silenziosa e strisciante, che si consuma nel segreto dei domicili all’apparenza felici. Dietro ogni porta chiusa può celarsi una donna, un figlio, che subiscono le angherie di un uomo convinto di avere i superpoteri di vita o di morte e che questi siano dimostrazioni d’amore. Eppure i bambini nascono senza pregiudizi, senza cultura e tradizioni, non sono buoni o cattivi, ma lavagne intonse su cui si può scrivere il bene o il male.
Ma poi la vita diventa la ripetizione di ciò che si perpetra da migliaia di anni. Catene invisibili pesano al collo di donne convinte che quello sia il solo destino. Esaltazione del potere di uomini con la clava virtuale. Bisogna allora trovare il modo di insegnare a questi uomini, fin da quando sono bambini, che le donne, sono identiche a quella donna che li ha partoriti, non sono “cose” in cerca di un “proprietario”, ma persone titolari dei medesimi diritti di chi vorrebbe comprarle, spesso “a gratis”.
Che l’amore che le donne provano per i padri dei loro figli, non deve renderle schiave, soggette a ricatti e vessazioni, ma che va ricambiato e coltivato con cura. Bisogna poi trovare il modo di insegnare alle donne a essere consapevoli del loro valore, a riconoscere la differenza fra un uomo innamorato, un compagno di vita e un prepotente insicuro e narciso, in cerca di vittime da torturare, di possesso da esercitare.
Il patriarcato esiste ancora, anche se qualche ministro della Repubblica afferma il contrario. E lo dimostra il fatto che anche nelle coppie di giovanissimi si verificano dinamiche patologiche, agite dai ragazzi e subite dalle ragazze, che accettano limitazioni della loro giovane libertà in nome di un ipotetico e improbabile sentimento amoroso.
Cosa fare allora? Non arrendersi, non subire, non ignorare, non voltarsi dall’altra parte. La violenza sulle donne è un malessere sociale che ci coinvolge tutti.
La comunità deve fornire il suo supporto, deve reagire, segnalare, denunciare. Le proposte elaborate dai Centri di ascolto Uil suggeriscono che occorre rafforzare la prevenzione e l’educazione alla parità di genere, migliorare il supporto alle vittime, di fatto affidato alle associazioni private, rafforzare le misure di protezione per le vittime, una legislazione più severa per i crimini di genere, monitoraggio e valutazione continua, rieducazione degli autori dei crimini, maggiore coinvolgimento della comunità.
Le donne che partoriscono gli uomini, possono e devono essere le protagoniste del cambiamento. Non più competizione atavica e giudizio, cultura della tradizione, ma solidarietà e supporto che possono fornire l’una all’altra. Solo una donna può comprendere ciò che passa nella mente e nel cuore di un’altra donna. Basta vergogna, basta omertà.
Sappiamo che il cammino è ancora lungo, ma non dobbiamo mai smettere di credere che arriverà il giorno in cui la questione di genere sarà ricordata solo nei libri di storia come un fenomeno ormai debellato.
Nel frattempo noi ci siamo. Sii forte. Chiedi aiuto!
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