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“Convivere è possibile”: l’esperienza delle ‘Combattenti per la Pace’ israelo-palestinesi


Lavorano insieme perché credono in un futuro di pace e dignità. Eszter Koranyi e Rana Salman sono le co-direttrici dell’organizzazione pacifista israelo-palestinesi “Combattenti per la Pace“, reduci da dieci giorni di tour in Italia, seguito in ogni tappa dall’agenzia di stampa Pressenza. La tappa finale le ha portate a Napoli, al Festival del Cinema dei Diritti Umani, dove hanno incontrato gli studenti e le studentesse di alcune scuole e una vasta platea di cittadini nella giornata del 20 novembre.

La storia dei “Combatants for Peace” inizia nel 2005, al tempo della seconda Intifada. I fondatori furono l’ex soldato Israeliano Chen Alon e l’ex prigioniero palestinese Sulaiman Katib. Inizialmente il gruppo era infatti composto da ex soldati Israeliani ed ex miliziani della resistenza armata palestinese che passarono all’azione nonviolenta. Entrambe le parti avevano compiuto un percorso di consapevolezza che li aveva portati a concludere che con la violenza non sarebbero arrivati a nessun risultato. Dopo una serie di incontri clandestini, riuscirono a costruire una situazione di tale e reciproca fiducia che portò alla fondazione dei Combattenti per la Pace. “Combatants for Peace” è quindi un movimento di base, che vede insieme israeliani e palestinesi “accomunati dallo stesso desiderio di mettere fine all’occupazione e a ogni forma di oppressione, per ristabilire un quadro di vera giustizia come condizione preliminare per arrivare alla pace”.

Rana ed Ezster al Festival del Cinema di Napoli

Ezster e Rana fanno parte della seconda generazione dei Combatants for Peace. Ezster, ebrea Ungherese, nata a Budapest, nel 1983, con quattro nonni sopravvissuti per miracolo alla shoah, vive a Gerusalemme. Rana, nata a Gerusalemme e abitante a Betlemme, da sempre sotto occupazione, dove lavora nel campo del turismo responsabile: i suoi nonni furono espulsi nel 1948 da Haifa, loro città natale.

“Per me Combatants for Peace – spiega Ezster – è un luogo in cui le persone possono incontrarsi senza rinunciare alla speranza,  rinnovando la convinzione che un cambiamento della realtà è possibile. dobbiamo mettere fine all’occupazione”.

Il gruppo, tra i nominati per il Premio Nobel per la Pace nel 2017 e nel 2018, è guidato da un Leading Circle, simile a un Consiglio di Amministrazione. Il Leading Circle guida la gestione, la direzione e la visione del movimento. Lo staff israeliano lavora nell’ufficio di Tel Aviv, mentre lo staff palestinese lavora nell’ufficio di Beit Jala. Lo staff fornisce inoltre l’infrastruttura e il supporto finanziario al movimento.

Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 il gruppo pacifista affronta vari livelli di difficoltà, ma l’attività non si è fermata, anzi. “Nonostante la difficoltà – ha spiegato Rana – i nostri attivisti hanno continuato nelle loro manifestazioni ogni giorno, ogni settimana, nelle strade, per domandare il cessate il fuoco e la fine della guerra e il rilascio di tutti i prigionieri nella prospettiva di una soluzione politica. Abbiamo manifestato in modi sempre nonviolenti ovunque abbiamo potuto e assicurato la nostra presenza di protezione ovunque fosse necessario per le comunità palestinesi che vivono nell’Area C soprattutto nella valle del Giordano e in questo periodo siamo quasi ogni giorno accanto agli agricoltori palestinesi per la raccolta delle olive, la nostra presenza rappresenta un baluardo concreto nei confronti dell’esercito e dei coloni che sono sempre più aggressivi man mano che si va avanti nel conflitto”.

L’associazione sta poi portando avanti un programma pensato per giovani tra i 18 e il 26 anni che si chiama ‘Freedom School’, in cui si insegna la storia e le pratiche della resistenza nonviolenta, mettendo a confronto le varie esperienze in varie parti del mondo, soprattutto laddove la nonviolenza si è rivelata un successo. I combattenti per la Pace, comunque, non solo i soli ad impegnarsi per la soluzione nonviolenza del conflitto. “Ci sono moltissimi movimenti di base che lavorano insieme sia in Palestina che in Israele e con cui lavoriamo. Un esempio è stato il campus di Tel Aviv del 1 luglio 2024, al quale hanno partecipato circa 5000 persone per manifestare il loro dissenso per ciò che sta succedendo e per chiedere la fine della guerra”.

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L’attività, quindi, non si ferma. A guidarla la convinzione che “non c’è una soluzione militare al conflitto, né gli ebrei né i palestinesi lasceranno la loro terra e l’unica soluzione possibile è trovare delle forme di convivenza e di relazione paritarie”.

L’evento al Festival del Cinema di Diritti Umani di Napoli





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