Otto anni appena per assistere ad un piccolo miracolo. Su cui molti erano dubbiosi o addirittura pessimisti: riqualificare un quartiere la cui deindustrializzazione aveva lasciato ferite enormi. Poi la svolta.
Nell’ottobre 2016, all’interno del polo della Federico II, partono le lezioni del primo centro europeo di sviluppo delle app di Apple. È il moltiplicatore, keynesiano lo definirebbero gli economisti: da lì, dal centro dove si elaborano le app della Mela che scarichiamo ogni giorno, parte una quasi naturale rinascita dell’intero quartiere. Un pezzo alla volta. Prima le società e le start up che si insediano, tirandosi dietro studenti, prof e fornitori; poi una naturale riqualificazione urbanistica su cui qualcuno vi scommette.
E le fabbriche chiuse da trent’anni e più, diventano loft e appartamenti con doppia vista (Vesuvio e golfo) i cui prezzi sono praticamente raddoppiati negli ultimi sei anni. Merito anche della fermata della metro 2 che ti porta in centro in 5 minuti. E sono spuntati decine di b&b e bar e ristoranti alla moda dietro al vecchio municipio. Insomma il quartiere si va riqualificando.
D’altronde Lisa Jackson, vicepresidente di Apple, che ogni anno arriva qui alla vigilia del diploma dei ragazzi, l’aveva predetto: «Ognuna delle nostre Academy è simbolo di cambiamento per la comunità in cui si trova. Da quella in Indonesia a quella in Arabia Saudita, che è solo per le donne. Ma questa di Napoli lo è in particolare». La migliore risposta alla naturale ignavia partenopea che non avrebbe scommesso un caffè sulla rinascita di quest’ex quartiere operaio. Ed invece eccola. Altrimenti non ci sarebbero ora decine di giovani professionisti ed artisti residenti qui.
IL LUOGO
«Ma loro la sanno sempre un po’ più lunga…», spiega sornione l’imprenditore Ambrogio Prezioso, presidente di Est(ra)Moenia, l’associazione che da anni si pone l’obiettivo di progettare la rigenerazione urbana del quartiere mettendo in relazione tutti i soggetti: gli enti pubblici e privati ma anche realtà sociali e culturali. In una sorta di progetto collettivo in cui ognuno è tassello di un puzzle: «Il tutto deve avvenire attraverso un ascolto dal basso», non si stanca di ripetere prezioso.
Poi spiega: «L’effetto domino virtuoso che si è innescato a Napoli Est non appare subito chiaro se non si allarga lo sguardo. Focalizzandoci ad Est da Garibaldi verso Portici il territorio orientale sta cambiando davvero. Visti dal basso questi cambiamenti possono sembrare sporadici ed isolati. Ma non è così». E per capirlo Prezioso dice all’interlocutore di fare lo sforzo di allargare lo sguardo e l’immaginazione: «A sinistra, guardando il mare, hai Pietrarsa dove poco lontano sorgerà un approdo e un parco lineare sino ai giardini della Reggia di Portici. A destra il vecchio collettore diventerà una sorta di pontile verso mentre il vecchio impianto di depurazione sarà una piazza verde sul mare. È un mondo che si apre, non lontanissimo dal realizzarsi».
Un altro progetto invece lo porta avanti NaplEst (promotrice Marilù Faraone Mennella) che raccoglie attorno a sé un gruppo di 18 imprenditori.
Un nuovo scenario che spingerà, per le infrastrutture e i servizi che già in parte ci sono, le persone a rimanere e non a scappare da San Giovanni. È il caso di Antonio Cianniello, 42enne ingegnere che lavora come alto dirigente della Pubblica amministrazione. Nativo di questo quartiere e poi il lavoro a Roma. E la scelta: «Torno a Napoli, perché voglio vivere qui», dice. E indica la stecca di palazzina vista mare che era una parte dell’ex industria conserviera Del Gaizo.
«Qualche collega che vive al Vomero all’inizio si stupiva. Ma – dice – godo di un panorama meraviglioso, come quello di Posillipo, in un quartiere che è cambiato. E’ diverso da quello in cui sono cresciuto, altrimenti non sarei mai tornato». Ma non è il solo se il prezzo di una casa qui è raddoppiato e sono spuntati B&b in questi loft eleganti e di ultima generazione che sembra Milano. «Solo nel mio palazzo – aggiunge – ve ne sono tre. Per curiosità ho letto le recensioni: tutte entusiaste perché il quartiere ha mantenuto il suo cuore popolare. Quello che sta perdendo un po’ il centro storico di Napoli». Chiacchieriamo da «Franceschiello», un elegante bar-ristorante vista mare alle spalle del vecchio Municipio (eh sì, San Giovanni era comune autonomo sino al 1925, quasi un secolo fa), in quella che era una stecca di vecchie attività artigianali.
«L’abbiamo preso in gestione un anno fa. Un luogo che si sta rivalutando moltissimo e d’estate è super affollato», spiega Annalisa, una dei tre soci. Merito anche della spiaggia che, miracolo, è diventata quest’anno, dopo un trentennio che era off limits, non solo fruibile ma anche balneabile restituendo il mare ai napoletani. Che ora vengono qui. Un progetto a cui ha molto lavorato il sindaco Gaetano Manfredi, uno dei primi a puntare sulla zona Est ai tempi dell’insediamento del polo universitario. «La mia esperienza a San Giovanni è stata un grande insegnamento. Ed ho molto creduto nell’insediamento qui dell’università», ha ricordato la settimana scorsa. Poi la nuova sfida per il quartiere: «Napoli ha bisogno di case accessibili dove le giovani coppie possano avere opportunità abitative dignitose: è un compito che interessa l’impresa privata, che deve lavorare in questa direzione».
LA CULTURA
Ma ad oggi passi da gigante li sta facendo il polo che è nato attorno alla Apple e le iniziative culturali. Per il primo aspetto basta dire come il polo Apple ha creato una fabbrica d’innovazione, varia e diversificata, che comprende tra le altre anche l’incubatore Campania NewSteel, l’azienda chimica e farmaceutica tedesca Merck KGaA, l’ufficio Ricerca e Sviluppo del gruppo assicurativo Axa, l’acceleratore d’impresa del gruppo bancario Intesa Sanpaolo dedicato alle Pmi del Sud Italia, cosi come Materias che stimola l’avvio di start up basate sull’uso di nuovi materiali.
Senza contare la Fabbrica dell’innovazione, inaugurata appena pochi giorni fa. E tra le start up alcune hanno sviluppato numeri da capogiro. È il caso di Kineton che sviluppa software per il settore media e automotive, il cui ceo Giovanni Fiengo, ingegnere 51enne è tornato dall’estero per investire qui nel 2017. Una scommessa vinta se da 10 dipendenti e zero euro di fatturato, ora è un gruppo con 520 dipendenti a tempo indeterminato e con un fatturato di 30 milioni di euro annuali.
E mentre fioriscono le start up, sono i progetti sociali e culturali a fare uguali passi da gigante. Precursore è stata la fondazione Famiglia di Maria che si occupa di iniziative educative che coinvolgono circa 120 bambine e bambini del quartiere. E qui tre anni fa grazie alla vulcanica presidente Anna Riccardi è nata anche la prima comunità energetica che redistribuisce energia. Poi è stato il turno di Francesco Di leva, attore in grande ascesa, nato qui che ha messo in piedi il progetto di «Napoli Est Teatro» nella palestra abbandonata di una scuola: non solo l’allestimento di diversi spettacoli ma anche corsi gratuiti di recitazione per i ragazzi.
Con il sogno che il progetto si allarghi alla gestione del vecchio Supercinema abbandonato dal 1978, acquisito da San Giacomo nel lontano 1983, ma mai restituito al quartiere per gli ultimi lavori mai finiti. Infine il gran lavoro delle officine San Carlo nate con l’obiettivo di creare un ponte tra arte, territorio e innovazione, che si sono trasformate in un polo di eccellenza per la produzione artistica e artigianale.
«Non è solo una questione produttiva: le Officine sono anche uno spazio di dialogo e di formazione. In questo processo di rinascita, il teatro San Carlo si pone – spiega Emmanuela Spedaliere, direttrice generale del Massimo cittadino – non solo come istituzione culturale, ma anche come motore di rigenerazione sociale».
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