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La mobilità sostenibile non è un tema di sinistra, ma di buon senso


Quello dei trasporti l’unico grande settore che, sia a livello nazionale sia a livello europeo, non ha registrato una riduzione significativa del proprio impatto climatico dal 1990 a oggi. In sostanza, oggi i trasporti emettono ancora di più rispetto a trentacinque anni fa. Nonostante dal 2005 si sia osservata una lieve tendenza al ribasso, questa non è stata paragonabile ai progressi compiuti in altri settori. Questo significa che gli sforzi compiuti finora non sono stati sufficienti e che è necessario fare molto di più.

In Italia, la mobilità sostenibile viene spesso politicizzata e associata a proposte di destra o di sinistra. Un esempio emblematico è Bologna: la «Città 30» viene considerata una misura di sinistra, ma non lo è. «È una peculiarità italiana voler politicizzare i temi della mobilità sostenibile, che in realtà non hanno una connotazione ideologica ma riguardano il buon senso. La città che si sviluppa negli anni Sessanta, per sua natura, al di là del governo nazionale e locale, non è pensata per l’automobile, che ancora non c’è. La struttura urbana, le reti stradali e il congiunto spaziale che collegano gli edifici non erano pensati per oggetti con quelle dimensioni e velocità. Non è un tema di destra o sinistra, ma di buon senso». Queste le parole di Federico Parolotto, architetto, urbanista, esperto in pianificazione dei trasporti e Ceo di Mic-Hub, sul palco de Linkiesta Festival.

«È vero che, tendenzialmente, la mobilità sostenibile, anche in Europa, rientra maggiormente nell’agenda del campo progressista. Ma abbiamo visto anche governi più conservatori, ad esempio in paesi come l’Olanda e la Svizzera, che negli ultimi venti o trent’anni introdotto cambiamenti sostanziali in quest’ambito», sottolinea Parolotto. L’architetto sottolinea anche come l’automobile stia progressivamente uscendo dai centri urbani, indipendentemente dalle discussioni politiche: «Ci sarà progressiva riduzione delle auto in città. Questo andrebbe liberato dall’associazione con la sinistra. È una questione che ha anche delle connotazioni riconducibili al libero mercato e alla destra: se entro con l’automobile in città, occupo spazio e lo dovrei pagare». Parolotto evidenzia anche come il legame tra mobilità e automobile cambi a seconda del contesto: ciò che vale per le città non si applica necessariamente alle aree periferiche. «Quando si esce dalla parte più centrale della città, l’auto è un elemento centrale. Noi ragioniamo su auto come elemento singolo, ma in realtà è un elemento molto più complesso, che fa parte di un congiunto socioculturale e tecnologico più ampio. È evidente che, in regioni come il Veneto o il Molise, pensare che l’auto non sia il soggetto principale con cui spostarsi è abbastanza velleitario».

Anche Gianpiero Zinzi, deputato della Lega in commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici, sul palco dei Bagni Misteriosi, sottolinea la necessità di considerare il legame tra infrastrutture e territorio: «Penso che ci siano scelte amministrative che siano prima di tutto di buon senso, che prescindano dal tema ideologico e che dipendano dalle esigenze che vive un territorio. Io sono nato e vivo a Caserta. Vi vorrei invitare a vedere le piste ciclabili che sono state fatte in città. Sono un’operazione assurda. In alcuni territori, pur di spendere le risorse che l’Europa ci ha destinato, a volte si sono fatte delle scelte amministrative assurde. Siamo favorevoli alle piste ciclabili e alla mobilità sostenibile, ma si devono coniugare con il buon senso».

Secondo Zinzi, infatti, è fondamentale mantenere un equilibrio tra sostenibilità e innovazione: «La sostenibilità non è solo ambientale: è anche sociale ed economica. Dobbiamo capire quanto la sostenibilità ambientale si possa raggiungere senza minare quegli equilibri socio-economici che sono fondamentali per il sistema italiano. Ci sono secondo me delle linee guida da non perdere di vista. Una di queste è l’accessibilità. Ci sono dei territori nelle periferie che soffrono particolarmente. L’Italia non è Milano. È facile ipotizzare una mobilità sostenibile in una città che lo permette. È molto più complicato farlo nelle periferie del nostro paese».

Le infrastrutture per la mobilità elettrica in Italia non mancano. Simone Tripepi, responsabile dei punti di ricarica di Enel X in Italia, spiega come l’Italia all’avanguardia, per quanto riguarda la diffusione di colonnine per la ricarica per i veicoli elettrici. «La ricarica elettrica può essere fatta in vari spazi – sia condivisi che privati – e quindi cambia completamente il paradigma rispetto alla necessità di avere un’auto che sia sufficientemente carica di energia per spostarsi», spiega Tripepi.

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In Europa, l’Italia si colloca tra i Paesi con il più basso numero di vendite e immatricolazioni di veicoli elettrici. Eppure, c’è un paradosso: «Abbiamo un tasso di disponibilità di infrastrutture di ricarica pubblica più alto nell’Ue. Ogni 4,5 veicoli elettrici abbiamo a disposizione un punto di ricarica. Oggi abbiamo duecentosettantamila veicoli full electric, che hanno a disposizione sessantamila punti di ricarica su territorio nazionale. Il venticinque percento è rapido o ultrarapido. Nell’ultimo anno costruiti quasi tremilacinquecento punti di ricarica solo ultrarapidi, che consentono di arrivare all’ottanta per cento di autonomia in mezz’ora», prosegue Tripepi.

La distribuzione delle infrastrutture, però, è tutt’altro che uniforme lungo la penisola: «Oggi il ventidue per cento dell’infrastruttura è nel sud e nelle isole. Il resto si trova nel centro-nord», osserva Tripepi.  Ma c’è un altro dato da tenere in considerazione: Nel sud Italia, le immatricolazioni di veicoli elettrici rappresentano appena il dodici per cento. «Abbiamo comunque più infrastrutture che si stanno espandendo al sud rispetto alla velocità con cui c’è un ricambio di veicoli a favore dell’elettrico».

Il ruolo dell’auto sta evolvendo. Già adesso, a livello europeo, la tendenza è chiara: lo spazio pubblico si apre sempre di più verso chi sceglie la mobilità attiva. Ma secondo Parolotto, l’automobile rimarrà un elemento fondamentale: «Nelle grandi città occorre pensare a una riduzione dell’uso dell’automobile, che è già in essere. Ma bisogna fare un ragionamento più ampio: cos’è la città e cosa succede nei territori esterni ai centri urbani? Ad Arese, per esempio, non si può ragionare come a Milano per una questione di accessibilità e di opportunità. Paola Pucci, studiosa mobilità del politecnico, ha mostrato come il nord di Milano, all’inizio del secolo, si è sviluppato intorno al trasporto pubblico su ferro. Poi, con l’arrivo dell’auto negli anni Sessanta, i pattern insediativi si sono sparpagliati, ignorando completamente le geometrie che avevano determinato la crescita territoriale in assenza di alternativa di accessibilità. Per questo penso che la transizione verso la mobilità elettrica sia l’unica soluzione per un processo di decarbonizzazione immediato», conclude Parolotto.

Per Zinzi, è fondamentale intervenire subito sulla transizione dalla mobilità personale  a quella condivisa. «Il governo attuale – come il precedente e quelli futuri – sta lavorando per dotare la rete infrastrutturale dei nostri territori di maggiori opportunità. Dobbiamo essere nelle condizioni di poter scegliere quale tipologia di mobilità adottare, puntando su un sistema di trasporti che funzioni e che allo stesso tempo consenta al cittadino di muoversi liberamente senza usare l’auto. Questo vuol dire fare scelte amministrative e politiche intelligenti, che investano su infrastrutture fruibili e sull’intermobilità».

Tripepi evidenzia un altro punto cruciale: in Italia, la mobilità si concentra principalmente sui veicoli leggeri privati, ma è indispensabile investire maggiormente nei veicoli commerciali: «La mobilità elettrica, avendo un rendimento dal punto di vista energetico non comparabile con la mobilità endotermica, per essere veramente efficace, ha bisogno di veicoli che si muovano. I veicoli commerciali si muovono, mentre quelli privati per il novanta per cento rimangono fermi. Quindi dobbiamo spingere verso veicoli commerciali e trasporto pubblico elettrico».



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