La crisi idrica in Italia fa parlare di sé da anni: andando a ritroso nel tempo, come non ricordare la scarsità di piogge, poca neve e temperature estive prima mai raggiunte. Oggi le prospettive non sono rosee, il cambiamento climatico, con le temperature in costante aumento, sta incidendo sulla variabilità del ciclo dell’acqua. Un’atmosfera più calda trattiene infatti più umidità, provocando un maggior numero di eventi meteorologici estremi: da una parte aumentano gli episodi di precipitazioni a macchia di leopardo sempre più imprevedibili che scaturiscono in alluvioni distruttive; dall’altra si assiste a un aumento dell’evaporazione, che provoca terreni secchi e siccità intense che inducono alla desertificazione.Siamo di fronte a un’emergenza che mai avrà fine, l’acqua rappresenta uno dei problemi più seri dei nostri giorni, fonte di guerre di accaparramento, perché è l’oro nero del domani. Seppur banale ricordarlo, l’acqua non è solo una risorsa da utilizzare, è un diritto, il corpo umano è composto in media per il 60% di acqua, gli esseri umani necessitano per sopravvivere, così come tutti i sistemi su cui facciamo affidamento: servizi igienici, sanità, istruzione, affari e industria. Acqua e povertà sono strettamente legate. Senza la prima non c’è sviluppo e senza sviluppo è impossibile eliminare la povertà. La produttività economica, nelle regioni strettamente legate all’agricoltura, è particolarmente esposta alla crisi climatica e agli eventi meteorologici estremi legati all’acqua, che continuano a compromettere le coltivazioni italiane.Servono rapide soluzioni perché non si può chiedere all’agricoltura di risparmiare acqua o chiedere agli agricoltori di cambiare le colture del Paese. Tuttavia l’emergenza idrica si fa più allarmante e considerata non solo per il settore agricolo, perché anche per l’uomo l’acqua dal rubinetto comincia a scarseggiare. Una problematica che abbraccia buona parte dello stivale, ma le regioni maggiormente colpite sono al Centro – Sud, con lo stress idrico che entro il 2030 si intensificherà anche in altre regioni. L’Italia meridionale subisce una siccità che si è ormai consolidata negli anni, la mancanza di un piano infrastrutturale di raccolta idrica, unita a eventi meteorologici sempre più estremi, continuano a peggiorare la situazione. La salute e la prosperità pubblica, i sistemi alimentari ed energetici e l’integrità ambientale dipendono tutti da un ciclo dell’acqua ben funzionante e correttamente gestito.
A fare i conti con le risorse d’acqua centellinate è la Basilicata, con 29 Comuni, che da settimane, sono interessati da interruzioni idriche nell’arco della giornata. La crisi idrica dello schema Basento-Camastra – rispettivamente del fiume e dell’invaso che costituisce dal 1970 la principale fonte idrica della città di Potenza e del suo hinterland – non può rispondere avendo raggiunto livelli critici che stanno arrecando disagi alla popolazione. Un’emergenza, sicuramente dovuta al cambiamento climatico, ma inadempienze e cattiva gestione della diga, mai collaudata, e la manutenzione inesistente alias “i mancati interventi”, hanno causato l’accumulo di fanghi decennali sul fondo a scapito della capienza della diga che presto risulterà vuota. La Basilicata vanta inoltre il triste primato tra le regioni di perdere più acqua nelle proprie reti idriche: le immagini osservate nel reportage di Propaganda Live su La7, che ha portato Diego Bianchi in Basilicata, per poter raccontare la crisi idrica che la regione sta attraversando, parlano chiaro.
Ma si può giustificare, un mancato intervento di manutenzione, perchè la riparazione comporterebbe uno stop dell’erogazione idrica per almeno 30 ore, arrecando ulteriori disagi per i cittadini? Se la salute e la sicurezza dei cittadini sono la priorità, come sostenuto dal Presidente lucano Vito Bardi, potrà essere risolutivo attingere acqua dal fiume Basento? Esistono ulteriori soluzioni oltre a potabilizzare acqua destinata al consumo umano che presenta tensioattivi e fosfati? Affrontare questo grave problema, è indispensabile: dinanzi a dati allarmanti, come giustificare le motivazioni alla base di un notevole spreco di questa risorsa vitale? La malagestione, la rottura delle condotte o la vetustà di impianti, che non garantiscono una perdita zero nella perdita di acqua, che non viene approvvigionata per scarsità di piogge, dovrebbe essere affrontata mettendo in campo soluzioni tecniche specializzate e rapide anche con il supporto di esperti nazionali.
Le acque che scorrono nelle falde acquifere sono chiamate in causa, sono invisibili ma fondamentali, la loro gestione tende ad essere trascurata ma risulta fondamentale per mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici e la richiesta d’acqua per la società e gli ecosistemi. Le falde acquifere della regione tuttavia hanno risentito in passato di diverse sostanze inquinanti: un cocktail di veleni a base di cromo e cloroformio nel territorio di Policoro, inquinanti arrecati dalle trivellazioni nei siti petrolchimici in Val d’Agri, agenti cancerogeni della Materit, azienda chiusa della Valbasento, che produceva manufatti in cemento-amianto. Il tema della scarsità delle risorse idriche è dunque di ampia portata. Ci troviamo a dover fronteggiare una grave situazione, cui nessuno però è riuscito a dare il giusto peso.
All’ONU è stata presentata una proposta per il riconoscimento dello status di “rifugiato ambientale”, status che attualmente interesserebbe migliaia di persone che hanno dovuto abbandonare la loro terra in cerca di luoghi ancora fertili e non è quindi un’esagerazione pensare che in un futuro, non molto lontano, entro o fuori i propri confini, scoppieranno “tensioni” per l’acqua. Tra scorie passate e il futuro dell’acqua improbabile, certo è che è indispensabile salvaguardare la qualità di vita di tutti: il cronoprogramma politico, nella gestione del problema idrico in Basilicata procede, numerose famiglie a causa del razionamento, si avvicendano con secchi e taniche da utilizzare persino per i servizi igienici e la diga in questione assume sempre più le sembianze di una distesa di pietrisco e fango stagnante. Urge una presa di coscienza collettiva del problema idrico. Si tende, a considerare l’acqua come una delle poche risorse rinnovabili del nostro pianeta, e per questo di solito non si fa caso al consumo. Dobbiamo invece imparare il valore dell’acqua, la nostra risorsa più preziosa ed apprezzarla goccia dopo goccia, per il futuro del benessere locale e di quello di tutta la Terra. Rocco Scotellaro, nei suoi pensieri e riflessioni poetiche in termini storici, sociali ed esistenziali, scriveva: “…al di là della collina, era il silenzio dell’acqua infossata, che faceva tuonare la Gravina”, forse al giorno d’oggi, alla luce del problema idrico, avrebbe mutato i versi :” al di là della collina infossata, s’ode cupo il silenzio, il ricordo dell’acqua svanita. S’acquieti il nostro vento disperato, diman all’alba nuova”.
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