Edoardo Leo firma e interpreta il suo ottavo lungometraggio di finzione, allontanandosi dalla zona di comfort della commedia di costume, per inscenare una tragedia vecchia più di quattrocento anni ma drammaticamente attuale. Prodotto da Vision Distribution, Groenlandia e Italian International Film in collaborazione con Sky, al cinema in questi giorni c’è “Non sono quello che sono“, ovvero “Otello” di William Shakespeare ambientato nei primi anni Duemila. Guardando il suo percorso d’autore e d’attore, si delinea chiaramente il profilo di chi racconta storie, sì per mestiere, ma anche e soprattutto per accendere una luce su fatti che ci riguardano da vicino.
Edoardo Leo racconta il suo Otello
“L’idea di lavorare all’Otello nasce quindici anni fa – ha raccontato Edoardo Leo a Be Sicily Mag – da un articolo letto su un quotidiano. Un uomo, accecato da una folle gelosia, uccide sua moglie e poi si suicida. È, allo stesso tempo, la sinossi di una delle opere teatrali più famose nel mondo e triste cronaca dei nostri giorni. Da lì è partita una lunga ricerca per pensare un adattamento contemporaneo che fosse il più possibile rispettoso dell’originale”.
Dal confronto tra le numerose traduzioni italiane, fatte in epoche diverse, è maturata la convinzione che, per restituire la parola di Shakespeare, il dialetto, romano e napoletano, fosse paradossalmente il più vicino a rappresentare la forza di quel linguaggio. “Un lavoro di traduzione che è durato molti anni e mi ha permesso di filmare Otello senza toccare il testo che è stato, tranne per i tagli necessari, integralmente riportato. La grande sfida è stata eliminare quella parte di pietas per l’eroe romantico, che leggevo in molte traduzioni. Il mio intento, al contrario, era quello di dipingere Otello come carnefice e non come vittima, spostando l’accento del significato ma utilizzando fedelmente le parole di Shakespeare. Per questo mi sono affidato al non-detto, ho lavorato sugli spazi tra le parole”.
Un progetto rivolto ai giovani, preceduto da un masterclass tour nei principali atenei d’Italia. “Sono stati momenti molto significativi perché il 90 per cento delle ragazze in sala ci ha detto di aver subito molestie verbali o fisiche”. Anche le Università di Catania e di Messina hanno accolto la proposta.
L’attore e la Sicilia
Edeordo Leo ha parlato inoltre del suo legame con la Sicilia. “Per vari motivi, è un posto che amo. E non solo per le mie vacanze, nelle quali è sempre una tappa obbligata, ma perché ci ho lavorato molto. Tante fiction e film e soprattutto le mie tournée teatrali. Ho ricordi di spettacoli a Catania, Palermo ma anche in cittadine più piccole con teatri meravigliosi. In Sicilia si respira teatro ad ogni angolo. Di questa terra mi appartengono senza alcun dubbio l’amore ed il rispetto per il mare”.
Cos’è però il rispetto agli occhi dell’attore? “È l’ascolto. Se sto davvero in ascolto del mio prossimo non lo prevarico, rispetto il suo spazio e la sua parola, rispetto la sua sensibilità e capisco meglio la mia”. Ed ecco proprio ciò che si cela dietro l’apparente normalità di questa umanità stravolta, incapace di riconoscere nell’altro unicità e bellezza. “La mancanza di vero ascolto, di sguardo interessato all’altro davvero e non come scusa per poi parlare immancabilmente del nostro io”.
“Non sono quello che sono”, un lungometraggio sulla violenza di genere
Il personaggio di Iago in “Non sono quello che sono”, interpretato da Edoardo Leo, fa riflettere sul mondo maschile di oggi. “Il problema non è tanto la mia idea, che lascia il tempo che trova, quanto piuttosto l’osservazione della cronaca, dei dati, delle donne uccise giorno dopo giorno, delle prevaricazioni sul mondo del lavoro, dello squilibrio di genere. Quando, come maschi, non lo riconosciamo, significa che siamo parte del problema”. Evidentemente, c’è qualcosa di sbagliato nella maturazione affettiva di un’intera società e nell’incapacità degli uomini di controllare le proprie emozioni. Alcuni però puntano il dito anche sul rapporto troppo possessivo e a volte morboso delle madri con i figli maschi. Questa considerazione “è l’ennesimo inganno in cui facciamo ricadere le colpe dei maschi sulle donne, è una lettura francamente inaccettabile”, afferma l’attore.
I dati dicono che da gennaio a giugno del 2024 i femminicidi sono stati 49, il 21% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Vuol dire che un cambiamento è possibile, ma quanto fatto finora non basta. “Se il dato fosse di un femminicidio all’anno sarebbe comunque ancora troppo. Siamo in ritardo con questo cambiamento. Indubbiamente il lavoro di informazione e prevenzione sta alzando il velo su un problema tragico. Io non so dire come si possa essere più incisivi. Ognuno deve fare la sua parte. Io faccio il cinema e, col cinema, cerco di portare storie che spero possano accendere una luce sul problema”.
In un mondo caratterizzato sempre più da relazioni virtuali, in cui il coinvolgimento spesso risulta indiretto, come si potrebbe descrivere la bellezza dell’amore alle nuove generazioni? “La bellezza non si descrive, si mostra. Come la poesia non si spiega. Le emozioni arrivano anche se siamo distratti da altro. La bellezza è un vento leggero che non sai quando è arrivato e non sai perché non c’è più. Ma, in quel passaggio, ti ha spettinato i capelli e l’anima. Penso che le nuove generazioni siano più attente alla bellezza di quanto immaginiamo”, conclude Edoardo Leo.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link