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la rete del conflitto globale


Solo pochi anni fa avremmo mai immaginato che, a tre ore di volo da Roma, ci sarebbero stati diecimila militari nordcoreani impegnati a combattere al fianco dei russi? Probabilmente no. E se fosse stato inserito in un action movie avremmo pensato a una stramberia degli sceneggiatori.

Ma le due guerre più vicine all’Europa – in Ucraina e in Medio Oriente – ci mostrano già un’intricata ramificazione di alleanze e collaborazioni che richiamano il concetto di conflitto mondiale, al di là delle dichiarazioni minacciose di Putin che, dopo avere mostrato che con i nuovi missili ipersonici può colpire l’Europa, ha anche detto che ormai «questa è una guerra globale».

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Osserva Marco Di Liddo, direttore del Cesi-Centro studi internazionali: «Certo che è un conflitto globale. Anzi, è utile ricorrere alla definizione del Papa che ha parlato di “terza guerra mondiale a pezzi”. Dal punto di vista dell’analisi geopolitica è una sintesi estremamente corretta».

È già conflitto globale?

Fermiamoci a guardare dall’alto un’ipotetica mappa delle alleanze: l’Occidente, dunque gli Usa, il Regno Unito e in generale i Paesi della Nato, stanno aiutando l’Ucraina a difendersi fornendo armi, fino all’ultima mossa decisa da Washington e Londra di consentire a Kiev l’uso dei missili Atacms e Storm Shadow in territorio russo. Con lo strumento delle sanzioni hanno contrastato l’offensiva di Mosca, tentando di frenarne l’economia. In parallelo, gli Usa forniscono armi e supporto anche a Israele nei conflitti in Medio Oriente – a Gaza contro Hamas, in Libano contro Hezbollah, a distanza contro l’Iran – pur con l’insofferenza di Biden nei confronti di Netanyahu.

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Dall’altra parte si è consolidato un blocco contrapposto. I droni suicidi Shahed-136, progettati dall’omonima azienda aeronautica iraniana, sono stati utilizzati in modo massiccio e spietato dai russi in Ucraina. A loro volta Mosca ha fornito armi ad Hezbollah (secondo gli israeliani nei depositi della formazione sciita libanese almeno il 60-70 per cento del materiale bellico è russo). L’intelligence ucraina ha parlato di asse Mosca-Teheran-Libano-Siria. Tutto questo avviene mentre la Cina mantiene canali di comunicazione con l’economia russa: così Mosca ha evitato l’isolamento. È emersa anche l’ipotesi (da dimostrare) che aziende cinesi abbiano aiutato la Russia a ricevere prodotti tecnologici, chip e semiconduttori. Pechino ha comunque sempre tentato di mantenere una postura rispettosa di entrambe le parti della guerra in Ucraina.

GLI SCHIERAMENTI

Chi si è brutalmente schierata con Mosca è la Corea del Nord. Kim Jong-un, nel sostegno alla Russia, ha visto una imperdibile occasione per rafforzarsi: non solo ha inviato armi (sia pure di dubbia qualità) e di recente diecimila soldati (fondamentalmente carne da cannone), ma ha mostrato al mondo (e alla Corea del Sud) che il suo esercito è in grado di mobilitarsi in tempi rapidi. Da Mosca riceve supporto economico, petrolio, missili terra aria e sistemi di difesa antiaerea. In questo reticolo di relazioni ci sono anche alcune contraddizioni. Una per tutte: tra i leader europei, l’ungherese Orban è quello più dialogante con la Russia. Eppure lo stesso Orban si è subito schierato con Netanyahu (nemico numero uno dell’Iran, alleato con Mosca) dopo il mandato di arresto della Corte penale internazionale.

Di Liddo: «Dobbiamo capire che queste alleanze sono fluide, non strutturate, puramente pragmatiche su determinati obiettivi. Lo stesso vale in fondo anche per i paesi Brics allargati che provano a presentarsi come alternativa al blocco occidentale, ma in maniera appunto pragmatica, non ideologica: cercano accordi di interesse sui singoli temi». Ecco, ma lei qualche anno fa avrebbe immaginato di vedere diecimila soldati nord coreani combattere a tre ore di volo da Roma? «Nordcoreani forse no. Ma altre truppe, magari siriane per fare un esempio, forse sì. Il conflitto globale è anche questo».


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