Dallo speech di Christine Lagarde, Presidente della BCE, in occasione del 34o European Banking Congress “Out of the Comfort Zone: Europe and the New World Order”
… Dallo scorso anno l’arretramento dell’Europa in termini di innovazione è emerso con ulteriore chiarezza. Il divario tecnologico tra gli Stati Uniti e l’Europa è ormai innegabile.
Anche il contesto geopolitico è diventato meno favorevole, con crescenti minacce al libero scambio provenienti da tutte le parti del mondo. Essendo la più aperta tra le principali economie, l’UE risulta più esposta a queste tendenze.
L’unione dei mercati dei capitali è al centro di tutte queste sfide.
È un elemento fondamentale affinché la nostra economia diventi più dinamica e tecnologicamente avanzata. Sebbene le banche svolgano un ruolo essenziale nell’economia europea, sappiamo che servono mercati dei capitali integrati per finanziare le prime fasi di un’innovazione pionieristica.
Ed è altrettanto fondamentale per accrescere la nostra capacità di tenuta a fronte della frammentazione dell’economia mondiale. I mercati dei capitali sono l’anello mancante che consentirebbe ai cittadini europei di convertire i loro ingenti risparmi in maggiore ricchezza, permettendo loro in ultima analisi di spendere di più e rafforzare la nostra domanda interna.
Tuttavia, l’urgenza crescente non è stata accompagnata da progressi tangibili verso l’unione dei mercati dei capitali, soprattutto perché la sua attuazione continua a essere definita in modo sommario.
Oltre 55 proposte normative
Dal 2015 sono state presentate oltre 55 proposte normative e 50 iniziative non legislative, ma quest’ampia produzione è andata a scapito del livello di profondità. Ha determinato la frammentazione del progetto secondo interessi nazionali, in base ai quali specifiche iniziative sono state viste come una minaccia.
Per realizzare una “svolta kantiana” occorre pertanto ridefinire le priorità del progetto, facendo emergere le inefficienze principali del sistema e individuando un numero minore di iniziative maggiormente efficaci.
Ostacoli in tre passaggi fondamentali
Credo che il problema centrale dell’unione dei mercati dei capitali UMC sia la presenza di ostacoli in tre passaggi fondamentali lungo il “canale di collegamento” tra risparmiatori e innovatori: l’ingresso, la diffusione e l’uscita.
- In primo luogo, i risparmi europei non entrano nei mercati dei capitali in quantità sufficiente perché si concentrano in depositi a basso rendimento.
- In secondo luogo, quando raggiungono i mercati dei capitali, i risparmi restano intrappolati in compartimenti stagni nazionali senza diffondersi nell’economia europea.
- In terzo luogo, dopo essere stati distribuiti mediante i mercati dei capitali, i risparmi in uscita non si dirigono verso imprese e settori innovativi, a causa di un ecosistema di venture capital poco sviluppato.
Questi tre ostacoli richiedono soluzioni diverse, ma devono essere considerati come un unico problema, in quanto si rafforzano a vicenda. Un minor numero di società ad alto potenziale di crescita si traduce in una riduzione delle valutazioni azionarie e della liquidità nei mercati dell’UE nonché in minori rendimenti per i risparmiatori.
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Sapere non è abbastanza, dobbiamo applicare. Volere non è abbastanza, dobbiamo fare.
Si dice che Leonardo da Vinci abbia osservato: “Sapere non è abbastanza, dobbiamo applicare. Volere non è abbastanza, dobbiamo fare.”
Oggi i leader europei sono consapevoli dei problemi causati dalla frammentazione dei mercati dei capitali e sono disposti ad agire. Ma finora non siamo passati né all’applicazione né all’azione.
La mancanza di progressi deriva sostanzialmente dalla definizione generica di unione dei mercati dei capitali e dall’approccio legislativo frammentario che questa genera. Ciò, a sua volta, fa sì che il progetto sia vittima della “morte dei mille tagli”, in quanto interessi di parte ostacolano o edulcorano ogni atto legislativo.
Ho presentato oggi un quadro per riorientare i nostri sforzi, al fine di fornire il dettaglio e l’indirizzo di cui abbiamo bisogno per superare lo stallo.
È questa la svolta kantiana di cui ho parlato lo scorso anno: un cambio di prospettiva per passare da molte piccole azioni a poche grandi azioni, prediligendo quelle che possiamo di fatto intraprendere e che daranno il contributo maggiore.
(Convogliare il risparmio verso investimenti e l’innovazione BCE Francoforte sul Meno – foto da Unsplash)
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