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Giovani e lavoro, “a Messina ti sfruttano e ti trattano come una pezza” VIDEO


Una giovane racconta le sue esperienze lavorative in città. “Al nord è diverso. Qui si lavora se sei figlio di…”

MESSINA – Giovani e stanchi del lavoro. Non di lavorare ma di essere sfruttati. È un problema tutto italiano, è vero, ma che si è sviluppato soprattutto al sud, normalizzandolo. Una giovane testimone racconta: “La mia esperienza lavorativa a Messina? Posso solo definirla pessima. Io ho studiato fuori e non per mio volere, ma semplicemente perché il mio corso di studi non c’era qui, nella mia città. Durante l’università, per poter mantenere un tenore di vita accettabile, pur subendo prezzi assurdi per l’affitto, ho lavorato. Lì, al nord, non ho avuto grossi problemi lavorativi. Nel nord Italia era tutto sempre contrattualizzato. Qui un’utopia. Inoltre, anche il trattamento che mi riservavano sul posto di lavoro era diverso. Mi sentivo molto più rispettata. A Messina ti sfruttano e ti trattano anche come una pezza”.

“Ho fatto uno sbaglio enorme a tornare”

Terminati gli studi la testimone, che preferisce rimanere anonima, ha deciso di tornare a Messina, nella speranza di potersi stabilire nuovamente nella sua città, dopo aver accumulato tantissime esperienze fuori. Ma, soprattutto, desiderava poter tornare a vivere vicino alla sua famiglia. “Ero contenta ma ho fatto uno sbaglio enorme. Ho iniziato, parliamo di post laurea, a fare degli stage nel settore amministrazione per pochissimi soldi, con un rimborso spese di circa 200-300 euro. I soldi non bastavano neanche per la benzina. Contratti? O assenti o co.co.co.. Quest’ultimo non ti dà proprio tutela, come se non ci fosse”, spiega.

“Ci fanno sentire come se non valessimo nulla”

Da qui ha iniziato a capire la differenza fra nord e sud. E prosegue: “Dopo tanta fatica nel trovare un’occupazione, ero riuscita a ottenere un posto di lavoro nel settore abbigliamento. Non era il mio campo, ma andava bene lo stesso. Mi avevano fatto un contratto, ma lavoravo più ore del dovuto, ovviamente gratis. Mi facevano passare il badge prima di terminare il turno, sennò costavo troppo all’azienda. Arrivi a un punto in cui ti domandi se vale davvero la pena restare. La cosa che più mi fa imbestialire è quando dicono che i giovani non hanno voglia di lavorare. Per colpa loro, dei datori di lavoro e delle persone così, ci fanno sentire terribilmente inadatti. Come se non valessimo nulla. Nonostante ciò, noi siamo decisamente più istruiti e capaci di loro. Siamo semplicemente nati in una epoca, per l’Italia, sbagliata. Loro hanno goduto della bella Italia, noi ne paghiamo il prezzo. Il loro prezzo”.

“I datori di lavoro pensano che siamo anche stupidi”

Per un periodo, la giovane ha scelto di rifiutare qualsiasi opportunità lavorativa. “Ho deciso di proseguire facendo vari corsi di formazione e rifiutando ogni forma di schiavismo. Perché, parliamoci chiaro, questo non è lavoro. Una volta mi sono anche sentita dire da un datore di lavoro che qui al sud pagano meno perché il tenore di vita è meno costoso rispetto al nord. Giustificando così le misere 600€ per un full-time senza un giorno libero. Tra l’altro, fuori legge. Ma lui non credeva che io lo sapessi. In generale, pensano che siamo anche stupidi. Ma poi quale tenore di vita più basso? Le bollette, la spesa, le visite mediche si pagano ugualmente. E anche gli affitti sono aumentati“, sottolinea la giovane.

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“Bisogna denunciare”

Una situazione che va avanti da anni, peggiorando nel tempo. “L’ultima esperienza risale a qualche mese fa. Mi avevano fatto una proposta che sembrava allettante per Messina. Finalmente la proposta di un contratto ma con meno ore rispetto a quante avrei dovuto lavorarne. Parliamo di 2 ore al giorno a fronte di un lavoro da 8 ore al giorno. È assurdo. Stavolta ho rifiutato. Sono stanca di farmi sfruttare. Sono andata a denunciare all’Ispettorato del lavoro. Passerà tempo ma bisogna denunciare. Chi ci tutela, sennò?”, prosegue.

Conclude in lacrime e amareggiata: “Si chiedono perché i giovani vanno al nord. Siamo arrivati a odiare la nostra terra, non offre nulla per colpa di persone che non fanno altro che guardare i propri interessi. Qui si lavora solo se sei figlio di, se hai conoscenze. Questa terra ormai è persa”.

Racconta la tua storia

Negli anni abbiamo condiviso tantissime storie: tutte diverse, tutte importanti. Siamo pronti a raccontarne tante altre, per dare visibilità a quelle voci che meritano di essere ascoltate. Che si tratti di un’esperienza personale, di un problema lavorativo che preoccupa, di un disservizio che ha creato difficoltà o di un’ingiustizia subita, Tempostretto è qui per ascoltare e dare forza alla storia dei lettori.

Inoltre, se non si vuole apparire in video o foto, nessun problema: possiamo raccontare la storia in forma anonima. Scriveteci su WhatsApp al numero 366 872 6275.



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