Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

Afghanistan, uno dei oaesi più pericolosi per i media


Si è tenuta nella sede centrale dell’Unione Africana (UA) ad Addis Abeba, in Etiopia, co-organizzata dall’UNESCO e dall’UA la conferenza sul tema “Sicurezza dei giornalisti nelle crisi e emergenze”.
L’evento era nell’ambito della commemorazione mondiale della ‘Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti’

“Si stima che, globalmente, 9 su 10 degli omicidi di giornalisti restino impuniti. L’impunità genera ulteriore violenza. Questo deve cambiare.” António Guterres.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2 novembre come ‘Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti’, data scelta per commemorare l’assassinio di due giornalisti francesi in Mali il 2 novembre 2013. Quest’anno la commemorazione mondiale si è tenuta ad Addis Abeba il 6 e il 7 novembre.

La garanzia della sicurezza di chi è deputato a riportare i fatti è essenziale per il rispetto della libertà di espressione e per il corretto accesso all’informazione, diritti umani fondamentali che poggiano sulla protezione dei giornalisti, soprattutto nei contesti di conflitto e crisi.

Questo giornata arriva in un momento in cui lo spazio di lavoro mediatico è diventato sempre più rischioso per i giornalisti, in paesi come l’Afghanistan, sottoposti a regimi che controllano capillarmente la libera circolazione delle idee e dell’informazione.
Nelle scorse settimane i talebani tramite il Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, hanno ordinato che non vengano trasmesse immagini di
esseri viventi sui media, proibendo la trasmissione di informazioni sull’Afghanistan. “Hanno aumentato i prezzi di Internet, tracciato tutti su Facebook e imposto filtri. Ciò significa che, purtroppo, noi, il popolo afghano, siamo tenuti in ostaggio e viviamo nell’età della pietra nel 2024. Hanno già cancellato le donne dalla vita pubblica e ora vogliono eliminare tutti i canali di comunicazione ” dice la giornalista Tahmina Usmani.
Le giornaliste, soprattutto, dichiarano di lavorare “all’ombra della restrizione, della censura, della paura e della tirannia”. Un paese che silenzia le proprie donne, vuole silenziare ancora di più la libertà di informazione.
Il Centro di supporto dei giornalisti ha dichiarato che, dal ritorno dei Talebani, sono stati registrati almeno 447 episodi di violazione dei diritti dei giornalisti e del personale dei media, tra cui tre omicidi, decine di minacce e violenze, e più di 220 arresti.
Argwan Nouri è una giornalista di Kabul che si occupa principalmente di diritti umani, in particolare della situazione delle donne e delle ragazze sotto il governo talebano. In una conversazione con l’Afghanistan Women’s News Agency, ha affermato di essere stata minacciata più volte nel corso dell’ ultimo anno, ma nonostante tutto, ha continuato il suo lavoro di informazione.
Secondo la giornalista, i media afghani sono soffocati dalla censura e dalle minacce dei talebani e che nessun mezzo di informazione nazionale può rendere pubbliche le violazioni dei diritti umani commesse dall’attuale governo.
La Nouri ha aggiunto con tristezza che i talebani hanno represso la libertà di espressione con tutta la “loro forza e potere” e che, dopo numerose e crescenti minacce alla sua incolumità, ora vive in un paese vicino. “Sono stata costretta a lasciare il paese dopo essere stata minacciata di tortura e arresto, ma non ho ceduto alle richieste dei talebani. Ho deciso di lavorare con uno dei media che opera dall’esterno per continuare a raccontare al mondo la realtà e cosa sta facendo questo gruppo al mio paese”. Aggiunge, poi, che in Afghanistan non esiste alcuna istituzione che difenda la libertà di parola e dei giornalisti e che sono tutti in pericolo.

Sofia Nourzai è una giornalista di Balkh. Riferendosi alla situazione dei media in Afghanistan, aggiunge che il giornalismo sotto il dominio dei talebani è uno “dei lavori più pericolosi”, soprattutto per una reporter: la mancanza di sicurezza, la censura, la paura di essere arrestati sono le loro principali preoccupazioni. “Nella situazione attuale, se un giornalista continua a lavorare, significa che ha la sua vita nelle sue mani. Ogni momento esce di casa chiedendosi se tornerà a casa sano e salvo”. Più volte minacciata per le sue attività giornalistiche, è stata persino arrestata dai talebani e trasferita nell’area di sicurezza; ormai l’ansia di potersi ritrovare nella stessa situazione non la lascia mai: “Sono preoccupata per la mia sicurezza in questo momento. Mi chiedo sempre: quando sarò arrestata? quando verrò torturata?”
I ministeri dell’ “Ingiunzione del bene e proibizione del male” e dell’ “Informazione e Cultura”, nonché il Dipartimento di intelligence dei Talebani mettono continuamente in guardia i giornalisti sul loro lavoro, con minacce anche dirette.
L’impunità non solo priva i giornalisti della sicurezza, ma crea anche una cultura di ostilità nei loro confronti. Il lavoro più impegnativo per la Nourzai, come giornalista donna, è preparare reportage urbani, a volte si è trovata ad affrontare seri problemi, perché molto spesso le persone hanno timore a parlare, vedono i giornalisti come portatori di guai.
Le giornaliste sono particolarmente vulnerabili a minacce e attacchi, in particolare quelli effettuati online. Secondo il documento di discussione dell’UNESCO, “The Chilling: Global trends in online violence against women journalists”, il 73% delle giornaliste intervistate ha dichiarato di essere stata minacciata, intimidita e insultata online in relazione al loro lavoro.
Nel frattempo, Khabib Ghafran, portavoce del Ministero dell’Informazione e della Cultura talebano, nega quaIsiasi violazione dei diritti dei giornalisti o minacce al loro lavoro e in un videoclip afferma che, dal dominio del gruppo talebano, in Afghanistan “nessun caso di violenza” è stato registrato contro i giornalisti. Ha aggiunto che alcuni arresti avvenuti non erano legati alle attività giornalistiche, anzi ha affermato che il ministero sta cercando di tutelare l’informazione.
Durante i conflitti e le crisi, i giornalisti subiscono attacchi fisici, detenzioni, confisca di attrezzature o negazione dell’accesso ai siti di reporting; molti sono costretti a fuggire o a cessare il loro lavoro, le infrastrutture dei media sono spesso danneggiate o distrutte, come sta accadendo a Gaza. Ciò rischia di trasformare le zone di conflitto in “zone di silenzio”. Dall’inizio del conflitto, dal 7 ottobre 2023 a oggi, si sa con certezza che sono stati uccisi 180 tra giornalisti, fotografi e cameramen, oltre a decine di ferimenti, sparizioni e più di 50 arresti. Una vera e propria strage.

È indispensabile prendere provvedimenti seri per tutelare la libertà di espressione, sia per la sicurezza dei reporter stessi, che per quella delle nostre società.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta