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Il sindaco di Castelmezzano: «L’Acqua del Basento va declassata»


I dubbi del primo cittadino Nicola Valluzzi sulla gestione della crisi idrica in Basilicata. Sull’acqua del Basento chiede «trattamenti di purificazione spinti»


POTENZA – L’acqua del Basento va sottoposta a trattamenti di purificazione spinti. Più importanti di quelli previsti in base alla classificazione attribuitale dall’Arpab perché per una classificazione seria occorrerebbero 12 mesi di monitoraggio.
È questa la proposta del sindaco di Castelmezzano, Nicola Valluzzi, tra gli amministratori locali “di punta” del partito degli ex laici cattolici lucani, Basilicata casa comune.


Sindaco, come procedono i lavori nel suo comune per la realizzazione  della condotta per portare l’acqua del Basento a portata delle pompe dell’invaso del Camastra?

«E chi ne sa nulla. Non ci hanno comunicato alcunché. Due giorni fa hanno fatto uno scavo attraverso la strada che porta alla zona artigianale di Castelmezzano senza informare nessuno. La zona artigianale è stata isolata per due ore. Agiscono come dei militari come se il progetto fosse coperto da segreto».  


Lei che idea s’è fatto delle cause di questa crisi idrica?

«La mala gestione dell’invaso del Camastra è una storia antica,  questo però non esime da responsabilità chi sta al governo della Regione da 2019 perché  quelle limitazioni alla quota di esercizio dell’invaso vengono imposte proprio a marzo del 2019. E’ da quel momento che scattano  i rischi concreti di un’emergenza perché la capacità di base è ridotta e in condizione di siccità, poi, succede quello che la  succede.

La domanda è su quegli interventi che erano stati richiesti  dall’ufficio Dighe del ministero e che non erano stati fatti negli anni precedenti al 2019. In questi 5 anni e mezzo sono stati fatti? Si tratta di interventiche nel 2016 erano  stimati  in circa due milioni di euro di lavori. Sono interventi ordinari . Allora ad oggi cosa è stato fatto? Non si tratta di 5 mesi, sono trascorsi 5 anni e mezzo. E già nel 2020 eravamo arrivati a un passo dalla crisi. Io all’epoca ero al Ministero delle infrastrutture e ricordo anche i timori quando  iniziò a piovere e la situazione si risolse (Valluzzi collaborava con l’allora sottosegretario Salvatore Margiotta, ndr)».


Che timori?

«Il fango seccatosi sulle sponde della diga. C’era il rischio che in caso di piogge torrenziali precipitasse e andasse a intasare la condotta che porta l’acqua al potabilizzatore. Purtroppo potrebbe  succedere anche adesso se dovessero arrivare precipitazioni troppo violente, privando i cittadini di acqua proprio quando il livello dell’invaso tornerà a salire».

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Come giudica la gestione della crisi idrica da parte della Regione?

«Del tutto insufficiente. Noi amministrazioni locali siamo state invitati a fare ordinanze per impedire l’irrigazione di giardini e quant’altro. Ma a livello di programmazione non c’è stato nulla. Abbiamo un invaso ai minimi storici, e capisco che non c’è un proposta  per rimuovere il fango che ne ricopre il fondo e ne riduce in maniera importante la capacità. Lo capisco perché rimuove un metro e mezzo di fango per un ettaro di terreno è un’operazione ciclopica ma  bisognava quantomeno fare la caratterizzazione di quei fanghi, per capire di cosa sono composti e come possono essere trattati. E poi un progetto di ripascimento delle aree  più contigue alla diga. E anche sull’utilizzo dell’acqua del Basento si poteva partire molto prima».


In che senso?

«Siamo arrivati a questo punto in cui un’alternativa all’acqua del Basento non c’è. Putroppo le fonti a cui si potrebbe attingere sarebbero in grado di fornire solo un quantitativo minimo di acqua rispetto a quella che serve.  Ci sono più o meno 3-4 giorni di capacità di pescaggio da parte delle pompe dell’acqua della diga. Non più di quattro giorni in assenza di piogge e poi non ci sarà nemmeno più acqua per tirare gli sciacquoni nelle case.

Ma se gli uffici sapevano a cosa si rischiava di andare incontro e che l’unica soluzione era l’utilizzo dell’acqua del Basento perché secretare tutto? Perché non parlarne con i sindaci, che sono responsabili per la salute dei loro cittadini? Avremmo potuto informare la popolazione e magari avremmo proposto di partire mesi fa con un campionamento a tappeto dell’acqua del fiume. Perché questo è il  tema centrale adesso.  Loro hanno attribuito all’acqua del fiume questa classificazione A2, che è prevista dalla legge per l’acqua destinata al consumo umano. Ma la legge prevede che venga assegnata dopo 12 mesi di campionamenti anche in giorni e in orari diversi. Perché se uno preleva un campione il martedì mattina potrebbe restare all’oscuro di quanto arriva nel fiume dalle carrozzerie che scaricano in un affluente il venerdì sera. Allora io dico una cosa…»


Su questa classificazione dell’acqua del Basento?

«Sì, dico che a livello prudenziale andrebbe considerata come acqua di livello A3 e sottoposta a trattamenti intensivi di  prima di immetterla nella rete di distribuzione. Sia chiaro. Io sono convinto che non sia questo il momento di fare del terrorismo perché è il momento di fronteggiare una crisi. Ma intanto che non arrivano i risultati di altri campionamenti da effettuare anche nelle prossime settimane mi pare una proposta di buon senso».



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