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ASL L’AQUILA: ROMANO ANCORA CON LA VALIGIA PRONTA? MANAGER IN LIZZA PER SANITA’ NEL CAOS DEL LAZIO | Notizie di cronaca


L’AQUILA – Ancora una pista pista romana per il futuro del vertice dell’azienda sanitaria provinciale dell’Aquila: come accaduto tante volte in passato si rincorrono le voci che vogliono il direttore generale della Asl Avezzano-Sulmona L’Aquila, Ferdinando Romano, con le valige in mano, per un prestigioso incarico nella Capitale, tra l’altro dove abita e dove il manager conserva il posto di docente di igiene alla università la Sapienza.

Stavolta sarebbe in lizza per la poltrona di direttore della Direzione regionale Salute e Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, un posto di primissimo ordine che però è al centro di una furibonda  disputa politica politica all’interno della coalizione di centrodestra.

A rivelarlo nei giorni scorsi è stato il quotidiano online lavoceromana.it, con un articolo che fornisce particolari precisi. Ma la sua partenza ancor prima della scadenza del mandato che dopo la proroga di un anno è quello del 31 maggio dell’anno prossimo, è messa in forse dalla situazione di caos e scontro molto cruento dentro la maggioranza di centrodestra alla Pisana, che non è ancora rientrata neppure dopo l’interessamento dei big, a partire dal premier e leader di FdI, Giorgia  Meloni, e del vice premier e ministro degli Esteri, Antonio Taiani.

In questa delicata situazione i partiti vorrebbero la testa dell’attuale titolare Andrea Urbani, il presidente, Francesco Rocca, che si è tenuto la scottante delega alla luce del pesante debito. E secondo voci beneinformate Romano che nella sua carriera può vantare successi in vicende caratterizzate da acque tumultuose e che è stimato dalle parti meloniane, sarebbe l’uomo e con le qualità giuste per gestire il delicatissimo  compito.

Comunque, il nome del 65enne manager, campano di origine e romano di adozione, come detto docente di Igiene della Università Sapienza di Roma, tornato in Abruzzo a giugno del 2021, dopo che aveva già diretto l’Agenzia sanitaria regionale (Asr), sarebbe una exit strategy ottimale: stando ad alcuni rumors dopo che dovrà nei prossimi mesi far fronte ad un difficile risanamento della Asl, tagliando entro dicembre ben 26 milioni di euro. Tutto fuorché una passeggiata di salute.

Sulla vicenda un punto certo c’è: di  nella Regione Lazio è sotto cannoneggiamento la carica di Andrea Urbani, scaricato per i risultati ritenuti deludenti, con un aumento del debito della sanità, già a livelli monstre di 22 miliardi, da parte di Lega, Forza Italia e anche da parte di Fratelli d’Italia, che stanno pressando, per un cambio al vertice, il governatore Rocca, in carica dal marzo del 2023. In una situazione in cui Fi vuole più spazio in giunta, stufa dell’arroganza e dell’atteggiamento da asso pigliatutto di Fdi, e l’azione amministrativa, in particolare quella della commissione Bilancio è nella paralisi, con la concreta ipotesi di una crisi di maggioranza e dell’appoggio esterno degli azzurri.

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L’ostacolo per Romano è dunque rappresentato dalla determinazione dello stesso Rocca, che ha tenuto per sé la delega alla Sanità, e che vuole continuare a dare fiducia ad Urbani, suo fedelissimo, ex direttore generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute, e che insieme con i dirigenti del Tesoro, ha consentito nel 2020 l’uscita dal commissariamento della Sanità del Lazio.

Particolarmente critico dell’operato di Urbani, è tra gli altri Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, leader della corrente dei Gabbiani di Fdi, che potrebbe essere tra l’altro il candidato a sindaco alle elezioni di Roma del 2026.

Ed allora il cerchio dei sostenitori di Romano si stringe, perché altro importante esponente dei Gabbiani è proprio il presidente della Regione Abruzzo, anche lui romano di nascita e abruzzese di origine, Marco Marsilio, che ha un forte ascendente nel partito, al fianco della ora premier Giorgia Meloni, sin dall’attività politica giovanile e poi dalla nascita di Fdi. Il dg Romano, va ricordato, era stato nominato alla guida della Asl provinciale aquilana in quota Lega, dopo il benservito a Roberto Testa, caduto in disgrazia agli occhi della maggioranza di centrodestra. E poi passato con Fdi stringendo un rapporto fiduciario con il presidente Marsilio e con l’assessore regionale alla Salute, ex Lega, Nicoletta Verì, che a marzo scorso non è stata rieletta nella lista del presidente, ma che è rimasta in giunta come esterna e con le stesse deleghe.

E sono stati loro ad aver voluto prorogare con un percorso amministrativo da molti definito forzato, l’incarico oramai scaduto di Romano a giugno scorso e per un altro anno, proprio per poter portare avanti, senza inopportuni cambi della guardia il piano di risanamento della Asl. Scelta che comunque ha registrato contrarietà non solo nelle opposizioni di centrosinistra, ma anche nella maggioranza.

Del resto, Romano, nella capitale è manager di grande peso e prestigio, essendo stato tra le altre cose anche direttore sanitario al policlinico Gemelli di Roma, e poi direttore generale della Asl Roma D. Lo conferma il fatto che il suo nome era stato fatto l’anno scorso, come possibile assessore alla Sanità del Lazio della giunta del neo eletto Rocca, e poi anche come direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, in quota Fratelli d’Italia, incarico che ha ricoperto anche in piena pandemia del covid, il pescarese Claudio D’Amario, poi diventato direttore dipartimento Sanità in Abruzzo, fino alle sue dimissioni di settembre.

Gli ultimi mesi da dg per Romano non saranno certo facili: le quattro Asl infatti dovranno comprimere la spesa di 70 milioni circa ed evitare che il tendenziale arrivi ai 200 milioni, attestando a dicembre il debito ai 128 milioni.

La sola Asl dell’Aquila deve risparmiare in corsa 26 milioni di euro, per centrare l’obiettivo di contenere a “soli” 30,8 milioni il deficit. E questo dopo che a maggio il Consiglio regionale ha dovuto ripianare con una sofferta delibera che ha saccheggiato gli altri capitolo di bilancio, i debiti da 122 milioni complessivi macinati nel 2023, di cui 46 milioni della sola Asl aquilana, la più indebita tra le quattro.

E non sarà impresa facile, tenuto conto che grava sui direttori Asl anche il diktat del parere obbligatorio per la giunta, formulato a fine settembre dalla commissione congiunta Bilancio e Sanità, per il quale si ipotizza anche il loro commissariamento se falliranno del 20% l’obiettivo dichiarato nei piano di rientro, e comunque dovranno ridurre nel 2025 del 30% il debito del 2024.

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Romano nel suo piano, non ha mancato di attaccare la Regione, spiegando chiaro e tondo che la quota del fondo sanitario che spetta alla provincia dell’Aquila è insufficiente, perché in un territorio montano, molto esteso e con scarsa densità abitativa, garantire i servizi costa molto di più rispetto ad esempio alle province di Teramo e Pescara. E dunque, se si continuerà a calcolare il finanziamento regionale in base al numero dei residenti, inevitabilmente ci sarà un disavanzo strutturale e incomprimibile di circa 50 milioni di euro l’anno.

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