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E se la locomotiva Veneto si ferma? Il patto che chiede Cna


Dall’ultimo report della Confederazione si vede un rallentamento dell’economia veneta. Possibile soluzioni per un cambio di rotta


Il Veneto, per decenni, è stato definito la “locomotiva d’Italia”. Un primato, condiviso evidentemente con Lombardia ed Emilia-Romagna, oggi messo seriamente in discussione come testimoniano i dati che emergono, ancora una volta, dall’Osservatorio economia e territorio di Cna con la collaborazione del Centro studi sintesi. 
 
Da una prima analisi emerge come il trend  della rilevazione di luglio sia confermato da quella di inizio novembre: l’economia veneta, nel complesso, vive una fase di sofferenza, non ancora giunta a livelli di preoccupante criticità, ma per la quale appare indispensabile un’inversione di rotta. Alzando lo sguardo l’analisi si sofferma sul contesto delle regioni europee. Emerge con significativa evidenza come siano i Länder tedeschi il grande assente: la ripresa, probabilmente rimandata al 2025, infatti produce un contraccolpo importante per la crescita del Veneto. Il dato, però, che fa riflettere è che Lombardia ed Emilia-Romagna, che pure subiscono lo stesso contraccolpo dall’economia tedesca, hanno delle previsioni di crescita pari se non superiori rispetto a quelle del Veneto per il 2025. Nel dettaglio il Veneto nel 2024 cresce dello 0,8 per cento come la Lombardia, mentre l’Emilia dello 0,9 per cento; per il 2025, a fronte di un’importante previsione per i Länder tedeschi che passano da valori prossimi allo 0 del 2024 a superiori all’1 nel 2025, la previsione per la Lombardia è +1 per cento, quelle per Emilia e Veneto solo dello 0,9 per cento. Appare dunque evidente come a fronte di una ripresa delle regioni tedesche, che oggi comprimono soprattutto nel manifatturiero e nell’automotive la crescita regionale, non corrisponda un incremento apprezzabile delle previsioni per il 2025 con Veneto e Emilia sostanzialmente “bloccate” e con la sola Lombardia capace di crescere. 
 
A questo quadro si aggiungono altri dati particolarmente evocativi: la crescita dei consumi privati, quindi della disponibilità alla spesa delle famiglie, passa dal 6 per cento del 2022 a una previsione dell’1 per cento per il 2025, evidenziando un trend 2019-2024 dello 0,3 per cento.  Ancora più in calo gli investimenti che passano dal 17,9 per cento del 2021 a una previsione di -1,7 per cento per il 2025 ai quali si somma la stretta sul credito con un trend, da giugno 2022, pari a -13,5 per cento, tutto questo in un contesto nel quale l’inflazione per i primi 9 mesi del 2024 in Veneto sale al +1,3 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e più alto di quella nazionale (+0,9 per cento). 
 
Questi dati – commenta Moreno De Col, presidente Cna Veneto – dicono una cosa molto semplice e che noi andiamo dicendo da tempo: servono politiche di sviluppo e crescita e da governo e regione ci aspettiamo risposte concrete già dalla manovra finanziaria in corso. La tendenza, nonostante la prevista ripresa tedesca, è chiara e senza misure tangibili sarà difficilmente invertibile soltanto dal sistema produttivo regionale e nazionale. In questo senso anche l’incremento dell’Irap previsto dalla nostra regione, al di là dell’importo specifico che sarà a carico delle imprese, rappresenta un segnale negativo perché anziché dare una spinta allo sviluppo e all’occupazione mortifica, per far quadrare i conti, un sistema produttivo che, come certificano tutti gli osservatori, vive già una fase critica”.
 
“Cosa succede – commenta Matteo Ribon, segretario generale Cna Veneto – se la locomotiva si ferma? Credo sia una domanda che tutti, proprio per gli equilibri nazionali e per il ruolo internazionale del nostro paese, abbiamo il dovere di porci. Non siamo ancora fermi grazie all’abilità e alla tenacia dei nostri imprenditori, ma senza un patto concreto e immediato per lo sviluppo tra istituzioni e aziende non so per quanto tempo si possa resistere. Le ricette, in questa fase, dalla cessione del credito, alla Zls fino a Transizione 5.0 sono tutte giuste a livello teorico, ma nella loro modalità applicativa risultano in larga parte distanti soprattutto dal tessuto artigiano, fatto di micro, piccole e medie aziende che rappresentano il cuore del sistema produttivo e occupazionale del nostro paese”. (r.ec.) 





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