Il dossier dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna: più richieste di aiuto. Minimi i casi collegabili all’immigrazione illegale
Le donne restano meno tempo in una relazione violenta: la riconoscono prima e spesso la denunciano anche prima. È quanto emerge dalla raccolta dati del coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza alle donne il dossier spiega come dal 2000 a oggi (i dati sono aggiornati al 31 ottobre) le violenze della durata di 6 anni o più siano diminuite del 10%, passando dal 51% al 40% dei casi. Nello stesso tempo, e qui l’altro segnale positivo, sono aumentate le richieste di aiuto delle donne che riportano di subire violenza da meno di un anno: in questo caso si passa dal 20% al 36%. Le donne, quindi, riconoscono la violenza in tempi più brevi e interrompono più velocemente il ciclo della violenza.
«Nel 62 per cento dei casi è il partner a compiere violenza»
«Un risultato — sottolinea il coordinamento dei Centri antiviolenza — del lavoro portato avanti dai centri antiviolenza sul territorio non solo nell’accoglienza diretta, ma anche a livello sociale e culturale». I dati sugli autori della violenza raccolti dai 15 Centri antiviolenza del coordinamento emiliano-romagnolo nel 2024 indicano che ad agire violenza nel 62,3% dei casi è stato il partner della donna, nel 15,9% dei casi l’ex partner e nel 10% un familiare, mentre i casi di violenze agite da sconosciuti sono inferiori al 20%. Il coordinamento non raccoglie invece il dato «sui fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un’immigrazione illegale, ma se ci fosse un modo di farlo — si precisa — costituirebbero una minima parte di questo già poco rilevante 2% dei casi».
La polemica sulle affermazioni di Valditara
Una puntualizzazione, quella del coordinamento regionale dei Centri antiviolenza, che arriva dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica istruzione (Giuseppe Valditara, ndr) nel giorno della presentazione della Fondazione Cecchettin alla Camera: «Dobbiamo prendere atto — scrive il coordinamento — che è in corso un tentativo di strumentalizzare il fenomeno della violenza maschile a vantaggio della propaganda sull’allarme immigrazione». E ancora: «Ricondurre il femminicidio commesso da italiani, come ha fatto il ministro, a residui di maschilismo vuol dire minimizzare un fenomeno che è strutturale; patologizzarlo come disturbo narcisistico vuol dire connotarlo come un problema individuale che riguarda la sanità. Invece è un problema sociale e politico», dicono i Centri antiviolenza.
Quante vittime
Che il patriarcato e la violenza continuino ad esistere, sostiene il coordinamento, lo dicono i numeri. Che restano alti. Da gennaio al 31 ottobre di quest’anno, infatti, sono state complessivamente 4.735 le donne che hanno chiesto aiuto ai Centri antiviolenza. Fra di esse sono state 4.467 le vittime di violenza, ovvero il 94,3%. Sono state 2.952 le donne che si sono rivolte per la prima volta a un Centro antiviolenza, ovvero il 65,5% del totale del 2024, mentre le donne inserite in un precedente percorso sono state 1.542, il 34,5%.
Rispetto allo stesso periodo del 2023 sono state 460 in più (+11,5%) le donne che hanno chiesto aiuto, «confermando il processo di emersione in atto del fenomeno». E poi ci sono i figli e le figlie che hanno subito violenza diretta o vi hanno assistito: sono stati 2.049 da gennaio a ottobre, pari al 62,1% di tutti i figli e le figlie delle donne accolte, in totale 3.297. Un dato che, spiega il coordinamento nel suo dossier, registra un aumento del 10% rispetto al ‘23, quando erano stati 1.566, pari al 52% delle donne accolte dai Centri antiviolenza.
I diversi tipi di violenza
Quanto alle tipologie di violenza subita, spesso plurime e contestuali, a subire violenza fisica nel 2024 è stato il 58,4% delle donne accolte; il 35,4% ha subito violenza economica; il 17,4% ha subito violenza sessuale e il 90,4% violenza psicologica.
La Regione, che domani verrà illuminata con un fascio di luce arancione, proprio in questi giorni sta trasferendo ai Comuni 3,4 milioni di risorse provenienti dal Fondo nazionale per le politiche sui diritti e le pari opportunità, risorse che si aggiungono ai 9,5 milioni stanziati dal 2020 e che serviranno anche per i Centri antiviolenza e le 56 case rifugio sul territorio. Altri 112mila euro vanno a sostenere l’attività dei 14 centri per uomini maltrattanti.
La Regione stanzia oltre 3 milioni per il reddito di libertà, l’assegno mensile da 400 euro per le donne che affrontano un percorso di uscita dalla violenza e 2,2 milioni per l’autonomia abitativa, mentre ammontano a 7,2 milioni i finanziamenti del Fondo per l’imprenditoria femminile.
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