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Il mistero di San Pietroburgo e del ritrovamento del Graal – Torino Cronaca


PROLOGO

Cari lettori, il nostro Collezionista Folle questa volta ha davvero superato sé stesso. Dopo averci intrattenuto con fantasmagoriche scoperte, dalle ossa di Leonardo da Vinci in un reliquario perso per strada al “flauto magico” di un trovatore errante, eccolo tornare con un ritrovamento che lascia basiti: il Sacro Graal, nientemeno! Tra poliziotti russi sospettosi, magliette profetiche e la misteriosa interferenza del Principe del Galles, sembra che il nostro eroe non si accontenti più di fare la storia, ma ambisca a riscriverla. Sarà la presenza invisibile del grande sensitivo scomparso Gustavo Rol ad averlo ispirato? O forse un bicchiere di vodka di troppo? In ogni caso, allacciate le cinture: anche oggi ci aspetta un viaggio tra il possibile e l’assurdo, narrato con la solita verve ineguagliabile. Buona lettura!

ll mistero di San Pietroburgo

Non c’era vent’anni fa un posto a San Pietroburgo dove si potesse mangiare un hamburger, poiché in Russia non era consentito di seguire la moda occidentale, tanto meno quella americana. Ma più le cose si negano, più vengono desiderate dalle nuove generazioni. All’aeroporto la mia valigia venne ispezionata da una solerte poliziotta che osservava una mia felpa rossa con la scritta “Stanford University” come se contenesse pericolosi documenti della Cia. Dalla valigia saltò fuori una maglietta bianca di cotone sulla quale avevo fatto stampare l’immagine di un vitreo calice romano, come quello che più tardi ritrovai pubblicato su un libro esposto in vendita al Museo Ermitage : “I calici dello Zar”. L’unica differenza è che su quello stampato sulla maglietta si potevano vedere delle immagini che erano invece invisibili sul calice dello Zar.

«Cosa è venuto a fare in Russia?» Mi chiese un altro poliziotto sequestrandomi entrambe le magliette. Io non capii la domanda rivoltami in russo e le feci vedere un telefax di invito al Museo Ermitage dove mi recai il giorno stesso. Grazie a una presentazione, fui introdotto nell’ufficio del Direttore del Museo Ermitage, un certo Michel Piotrosky cui era pervenuto un elenco di nomi di ospiti tra i quali il mio. Seguito dalla dirigente del settore archeologico, mi pare si chiamasse professoressa Kunina, esperta storiografa del periodo dell’impero romano, mi aggirai nelle sale riccamente affrescate come se fossi condotto per mano da una presenza invisibile per giungere senza esitare all’obiettivo: in un tavolo basso coperto da un pesante cristallo, vidi finalmente ciò che cercavo! Vicino ad un gladio romano, vi era un calice di vetro color grigio verde, il presunto calice del Graal. L’emozione che provai mi piegò le gambe e parve loro che mi inginocchiassi davanti alla reliquia in segno di devozione, compiendo però l’errore di renderlo noto non più come un semplice calice ma come il mitico calice del Graal! La storica rimase in silenzio ma io ne sentii il respiro affannato. Mi chiese che prova avessi da fornirle per certificare che la superficie vetro contenesse fotografie invisibili.

«Semplice! – le risposi rivelandole il segreto – basterà fotografarlo con un dispositivo dotato di pellicola infrarossa!». Fui riaccompagnato dal Direttore Piotrosky al quale chiesi se il lunedì seguente avessi potuto farlo fotografare a mie spese per averne un ricordo.
Ci accordammo parlando in francese: io avrei dovuto cercare un fotografo professionista e presentarmi il seguente lunedì mattina alle ore 8, prima dell’apertura al pubblico. Lui sarebbe venuto più tardi, non avrebbe voluto essere coinvolto in una brutta figura se non avessi provato la scoperta del Graal. Io invece ne ero convinto, non mi sarei sbagliato, sentivo accanto a me la invisibile presenza del dottor Gustavo Rol. Trascorsi tutta la domenica alla ricerca di un fotografo moscovita disposto a lavorare il lunedì mattina presto. Finalmente, aiutato da un funzionario della ambasciata italiana che mi faceva da interprete. Nella cintura a doppio strato avevo nascosto dei dollari, particolarmente ambiti come valuta estera, per cui riuscii a pagare anticipatamente il servizio richiesto.

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Il lunedì mattina il fotografo si presentò puntuale davanti a una porta secondaria del Museo ma accadde l’imprevisto. Fummo avvicinati da due personaggi sconosciuti che ci intimarono di allontanarci mostrandoci il giornale “La Pravda” su cui nella prima pagina era annunciata la visita inattesa al Museo Ermitage di Carlo Principe del Galles, l’attuale Re di Inghilterra, per cui il Museo era chiuso al pubblico. Il consigliere dell’Ambasciata Italiana venuto per curiosità ad assistermi, mi parve spaventato quando mi consigliò di defilarmi in fretta e di partire col primo aereo, se non avessi preferito essere annegato nella Neva, il fiume che scorre nero davanti alla azzurra facciata del Museo, così dipinta per mostrare di contenere ed esporre le sacre reliquie dello Zar, senza dire quali fossero. La presenza invisibile del dottor Gustavo Rol mi fu di conforto ed io sentii in me la certezza che avrei trovato in futuro ulteriori prove. Rimase aperta la questione del perché della visita inaspettata del Principe del Galles proprio quel lunedì mattina alle sale in cui era esposto il Graal.





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