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Fine vita, legge al voto in Lombardia


In Regione Lombardia è il momento della verità sul tema del fine vita. Dopo aver atteso i mesi necessari per l’iter di valutazione della proposta di legge popolare “Liberi Subito”, si è arrivati al voto in aula. Ma non – come si potrebbe pensare – nel merito della legge, quanto sulla competenza regionale.
È necessario un passo indietro: solo alcune settimane fa, le commissioni riunite di Affari istituzionali e Sanità, a maggioranza, avevano dato parere negativo, approvando la relazione del relatore di maggioranza Matteo Forte (Fratelli d’Italia, area CL) che affermava «l’incompetenza del consiglio regionale sulla materia». E così, in base a quella relazione, oggi il centrodestra presenterà in aula una «questione pregiudiziale di illegittimità costituzionale»: se verrà approvata, il progetto di legge non si discuterà nemmeno. Inutili gli emendamenti presentati dal Partito democratico in collaborazione con l’Associazione Luca Coscioni che per prima ha sostenuto la proposta di legge.
Proprio ieri, il Pd ha chiesto alla maggioranza guidata da Attilio Fontana – che dopo l’audizione con Marco Cappato (tesoriere della Coscioni) si era mostrato possibilista sull’approvazione della legge – «di discutere nel merito a partire da esigenze che ci sono sul territorio » – è di ieri il via libera dopo sei mesi dalla richiesta per una persona malata di accedere al suicidio assistito in Lombardia – e di non «sottostare al ricatto imposto da Fratelli d’Italia».

«La destra – spiega la consigliera dem Carmela Rozza, relatrice di minoranza per la proposta di legge – ha scelto la strada della pregiudiziale per evitare la discussione e nascondere le divisioni interne. Che sia responsabilità e compito della Regione valutare e autorizzare la morte medicalmente assistita è dimostrato dai fatti: purtroppo – precisa – in assenza della legge, senza certezza di tempi e di modalità, si mette a rischio i pazienti e non si tutela il lavoro degli operatori sanitari». «Ma quale ricatto? – tuona la Lega in consiglio regionale – La maggioranza ha scelto di essere seria e responsabile. La Lega è da sempre a favore della libertà di voto su temi così sensibili, come ribadito più volte dal nostro segretario, Matteo Salvini, e dal Presidente Attilio Fontana».

Proprio nelle pieghe di questa flessibilità leghista, infatti, si potrebbe aprire una breccia che potrebbe indurre il Pd a chiedere il voto segreto in Aula sulla pregiudiziale. A quel punto, potrebbe esserci qualche franco tiratore tra i forzisti – Giulio Gallera, per esempio, non ha mai nascosto il suo parere favorevole alla legge – e tra i leghisti più liberali: se la pregiudiziale di inammissibilità venisse bocciata, allora si potrebbe passare alla discussione della legge.
Recente è anche un appello da parte del mondo liberale milanese e lombardo – tra i firmatari l’ex sindaco Gabriele Albertini, l’avvocato Luciano Belli Paci (figlio della senatrice Liliana Segre) e altri esponenti del mondo universitario – in cui si chiede «all’Assemblea legislativa della più importante regione italiana di rigettare la preannunciata pregiudiziale di incostituzionalità, entrando nel merito di una discussione alla quale migliaia di cittadini l’hanno chiamata e approvando una proposta di legge riguardante la libertà di scelta di persone in condizione di estrema vulnerabilità le quali, in assenza una normativa regionale, attualmente sono spesso costrette ad agire in giudizio per ottenere l’accesso a un trattamento già chiaramente riconosciuto dai giudici costituzionali».

Già nei giorni scorsi, comunque, il presidente Fontana aveva parzialmente ridimensionato il suo ottimismo: «L’Aula è sovrana e non posso prevaricare le decisioni dei consiglieri. Loro hanno deciso di proporre questa pregiudiziale e se il Consiglio la accoglierà, la questione finisce lì, non credo ci siano altre possibilità», aveva precisato il governatore. Dal canto suo, Cappato aveva avvertito: «C’è il rischio che Regione Lombardia commetta un atto di grave e profonda irresponsabilità rifiutandosi di dare risposta alle persone che soffrono e che chiedono di essere aiutate a morire. Si stanno preparando a nascondersi dietro a una inesistente “incompetenza” del Consiglio regionale. Esistono già delle regole che i medici lombardi stanno seguendo. Noi chiediamo che ci siano delle regole vere di garanzia sia ai malati sia ai medici».

L’appello era ovviamente diretto a Fontana «che aveva dichiarato di voler esaminare nel merito questa proposta sulla base della coscienza di ciascun consigliere. Ma ora rischia di prevalere una logica ottusa e di partito».
La proposta di legge, come già era successo in Veneto, pone le sue basi sulla sentenza della Corte Costituzionale che rende possibile il suicidio assistito in Italia a determinate e chiare condizioni del malato. Ma «la mancanza di regole chiare e tempi certi continua a costringere le persone a combattere per anni», rivendicano da tempo l’avvocata della Coscioni Filomena Gallo e Cappato. Per il Partito democratico, comunque, l’esito del voto di oggi è scontato ma non è detto che non ci siano colpi a sorpresa.

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