BOLZANO. Il gender pay gap penalizza le donne anche nell’avvocatura, allargando ulteriormente la forbice salariale e ripercuotendosi di conseguenza anche sulle pensioni maturate al ritiro dalla professione. Lo dimostrano i risultati dell’indagine condotta nella primavera del 2024 dal Comitato pari opportunità dell’ordine degli avvocati di Bolzano, realizzata dalle dottoresse Anna Ress e Letizia Caporusso per il centro studi interdisciplinari di genere dell’Università di Trento.
Secondo i dati emersi, nonostante il significativo investimento delle giovani donne negli studi giuridici, che nel 2023 rappresentano il 62,5% dei laureati (dati Almalaurea), persistono ampi divari di genere nella pratica della professione forense. Tali disparità, in molti casi, portano all’abbandono della carriera, contribuendo a limitare la percentuale di iscritte all’ordine degli avvocati al 40,5%, a fronte del 59,5% registrato tra i colleghi uomini.
Le donne vivono in modo molto più consistente le difficoltà legate alla conciliazione tra vita professionale e privata rispetto agli uomini. Per questo motivo sono spesso costrette a ridimensionare il proprio impegno lavorativo, con una conseguente riduzione del fatturato e delle opportunità di carriera. In molti casi, arrivano persino a considerare strategie di uscita dalla professione, a differenza dei colleghi, che godono di una maggiore libertà nel dedicarsi pienamente all’attività professionale e nell’investire ulteriori risorse nella sfera pubblica.
Non solo: il fenomeno dell’abbandono rappresenta un significativo rischio di dispersione di competenze e risorse personali, che incide in misura considerevole sulle giovani avvocate. Questa tendenza, secondo l’ordine, non solo impoverisce il panorama lavorativo, privandolo di talenti preziosi, ma riflette anche una disuguaglianza strutturale che ostacola la piena valorizzazione delle capacità femminili nel settore forense.
I risultati della ricerca condotta confermano dunque che le difficoltà più significative si verificano a causa di fenomeni di segregazione verticale e orizzontale, come per esempio nella posizione attribuita all’interno degli studi, nel tipo di clientela e di ambito entro cui si esercita la libera professione, nell’assunzione di ruoli decisionali e rappresentativi.
Queste disparità emergono chiaramente a livello locale, dove si registra una maggiore presenza di donne rispetto agli uomini nei ruoli di praticanti (19% contro il 10,8%) e collaboratrici (30,7% contro il 20,9%). Inoltre, le professioniste si trovano più spesso a lavorare con una clientela privata (37,4% rispetto al 24,1% degli uomini), piuttosto che con imprese o pubbliche amministrazioni, occupandosi di ambiti generalmente meno remunerativi.
Il divario di genere nei redditi è considerevole se si considera che in Trentino-Alto Adige, le avvocate guadagnano in media 42mila euro annui, contro gli 85 mila circa degli avvocati (dati Cassa Forense). Questi dati confermano la persistenza di una rigida divisione tradizionale dei ruoli, sia a livello locale che nazionale, con la figura femminile più dedita alla cura della famiglia e meno valorizzata sul piano professionale.
Lo studio commissionato dal Comitato pari opportunità (Cpo) è stato presentato al pubblico il 18 novembre nell’antico municipio di Bolzano dalle sociologhe Letizia Caporusso e Anna Ress del Centro studi interdisciplinari di genere dell’Università di Trento, moderato dall’avvocata e presidente del Cpo nell’ordine degli avvocati di Bolzano Silvia Basile, con la partecipazione di Johanna Herbst (avvocata e role model), Karl Pfeifer (presidente del consiglio dell’ordine Avvocati Bolzano), Chiara Rabini (presidente Commissione consiliare alle pari opportunità), Ulrike Oberhammer (presidente Commissione provinciale pari opportunità) e della consigliera di parità Brigitte Hofer.
“L’auspicio – ha dichiarato la moderatrice dell’evento Silvia Basile – è che questo incontro possa rappresentare un punto di partenza per promuovere iniziative volte a sostenere una reale parità di genere anche nelle libere professioni, poiché la rimozione delle disuguaglianze dovrebbe essere uno dei principi fondamentali di un mestiere come quello forense, dedicato alla tutela dei diritti.
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