Arriva un grande aiuto per i malati di SLA. AriSLA, la Fondazione Italiana di ricerca per la SLA ETS, annuncia un nuovo finanziamento di 840mila euro per supportare lo sviluppo di nove innovativi progetti di ricerca sulla SLA, selezionati con il Bando AriSLA 2024, che coinvolgeranno 15 gruppi di ricerca distribuiti in sette regioni diverse, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana e per la prima volta in Umbria
L’annuncio
A comunicare la notizia, la Presidente Lucia Monaco durante il Convegno scientifico AriSLA ‘Ricerca, sviluppo e innovazione nella SLA’, che ha avuto il compito di fare un punto sullo stato di avanzamento della ricerca sulla SLA e ha presentato i risultati dei progetti precedentemente finanziati da AriSLA. Il Convegno, che si è tenuto a Milano 22 e 23 novembre, ha visto la presenza di una platea di oltre 300 ricercatori e pazienti.
Le parole delal presidente
Con grande soddisfazione la la presidente Lucia Monaco ha commentato e spiegato a margine del convegno, il percorso del progetto e le importanti destinazioni:”I nuovi progetti di ricerca si concentreranno su ambiti strategici per affrontare la SLA, puntando a identificare strumenti di diagnosi precoce, comprendere i meccanismi molecolari alla base della patologia e individuare approcci terapeutici.
Con il nuovo finanziamento, grazie al continuo supporto dei nostri soci fondatori – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, Fondazione Cariplo, Fondazione Telethon e Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport- e di quanti credono nella ricerca, AriSLA arriva a quasi 17milioni di euro investiti in ricerca, supportando 160 gruppi di ricerca e 115 progetti, da cui sono derivate oltre 400 pubblicazioni scientifiche, un numero che testimonia un importante contributo della nostra ricerca in ambito internazionale.
Come è emerso dalle relazioni al Convegno, la ricerca compie ogni giorno passi in avanti, ma per avere maggiore impatto è necessario puntare sul valore della ‘collaborazione’ su più fronti, tra ricercatori di base e clinici che già come AriSLA stiamo favorendo, ma anche tra ricercatori e pazienti per rendere la ricerca più efficace e sviluppare terapie accessibili”.
L’importanza della ricerca
Alle parole della presidente si sono poi unite quelle di Anna Ambrosini, Responsabile scientifico di Fondazione AriSLA: “I risultati presentati al Convegno e i nuovi progetti testimoniano la crescente qualità della ricerca italiana. Questi ultimi hanno superato il nostro processo di selezione, da sempre molto rigoroso, che valuta innovazione, merito scientifico e fattibilità delle proposte. Grazie a questi studi ci occuperemo di ambiti diversi e rilevanti per la patologia. Alcuni studi si focalizzeranno sulla genetica, indagando su pazienti con mutazioni rare e giovanili tramite tecnologie di analisi avanzate.
Altri progetti si concentreranno sulla comprensione di meccanismi biologici, ancora poco esplorati, per aumentare la conoscenza sull’esordio della SLA, offrendo nuovi bersagli terapeutici. Altri ancora punteranno a identificare nuovi biomarcatori per una diagnosi tempestiva della SLA e monitorare la progressione della malattia, e possibili approcci terapeutici su modelli di malattia”.
I risultati dei progetti
Dopo i saluti istituzionali del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e dell’Assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano Lamberto Bertolè, la prima sessione del convegno è stata dedicata alla genetica. Questo perché i fattori genetici, giocano un ruolo significativo nella SLA. Le mutazioni genetiche in circa 30 geni, soprattutto in soggetti con ereditarietà dominante, sono responsabili di circa il 65% dei casi familiari e il 10% di quelli sporadici.
Il focus di alcuni studi che hanno avuto i finanziamenti dell’associazione sono quindi stati fondamentali in questo ambito, come l’‘AZYGOS 2.0’, che ha individuato un nuovo gene recessivo che potrebbe essere coinvolto nella SLA. O ancora ‘SWITCHALS’, che ha sviluppato un possibile approccio terapeutico che punta a correggere tramite tecnologie di ingegneria genetica i difetti di formazione (splicing) della proteina hnRNPA2/B1, che rappresenta un bersaglio molecolare della proteina FUS e che, se non correttamente formata, può localizzarsi in maniera errata nella cellula e contribuire alla degenerazione dei motoneuroni.
Altro progetto sulla genetica il ‘MotorTBK1’, che ha valutato gli effetti sulla vitalità cellulare e l’aggregazione proteica della perdita di funzione del gene TBK1, un gene fondamentale nei processi di rimozione degli aggregati proteici, le cui mutazioni sono causative di alcuni casi di SLA familiare.
I target terapeuti
Altro focus dell’incontro è stato l’identificazione nuovi target terapeutici, grazie allo studio di nuovi meccanismi cellulari coinvolti nella SLA. Il progetto ‘mitoALS’, ha evidenziato come il potenziamento della mitofagia, meccanismo che promuove la degradazione selettiva dei mitocondri possa avere un effetto protettivo in modelli di SLA. Lo studio ‘SENALS’, che ha approfondito il ruolo delle cellule gliali (cellule che forniscono supporto e nutrimento ai neuroni) nella progressione della SLA e verificato che l’alterata comunicazione tra neuroni e glia contribuisca alla morte dei neuroni.
E ancora con il progetto ‘Breath’, è stata studiata la funzionalità del motoneurone SLA dopo trattamento cronico con una molecola che stimola uno specifico recettore a livello dei motoneuroni. Il CXCR4 che potrebbe promuovere la rigenerazione della giunzione neuromuscolare e contrastare la progressiva neurodegenerazione. Il progetto ‘SRXinALS’ ha verificato quanto la miosina, proteina responsabile della generazione della forza nel muscolo scheletrico, contribuisca all’aumento del metabolismo osservato nei pazienti e come sia correlato alla progressione della malattia.
Gli approcci terapeutici
Nella sessione sugli approcci terapeutici preclinici, Marta Fumagalli del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano, coordinatrice del progetto di ricerca ‘GPR17ALS-1’, ha valutato il possibile effetto protettivo sulla progressione della malattia di alcune molecole che agiscono sulle cellule precursori degli oligodendrociti (cellule che formano la guaina mielinica che avvolge i prolungamenti neuronali).
Grazie al progetto ‘TRAILER’, sono stati studiati alcuni composti che agiscono sul complesso multiproteico del retromero, in grado di regolare, all’interno del motoneurone, il turnover di enzimi e proteine ed è stato verificato che alcuni di essi hanno contrastato l’aggregazione proteica e la tossicità delle forme mutanti di TDP43.
Con il progetto ‘DDR&ALS’, sono stati testati nuovi approcci farmacologici in grado di modulare l’attivazione della DDR (risposta al danno del DNA), utilizzando farmaci già impiegati per il trattamento di altre patologie. In ultimo Savina Apolloni del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, con il suo progetto ‘ReNicALS’, ha verificato l’efficacia del farmaco niclosamide nel rallentare la progressione della malattia in due modelli murini (con mutazione di FUS e SOD1).
I nuovi progetti selezionati del 2024
‘DEFINEALS’ – Il progetto, coordinato da Gianluigi Zanusso dell’Università degli Studi di Verona, ha l’obiettivo di sviluppare un test affidabile per diagnosticare e monitorare la progressione della SLA correlata a TDP-43, una proteina che in condizioni normali svolge un ruolo fondamentale in diverse funzioni cellulari e nei pazienti con SLA risulta aggregata. Per la ricerca della proteina TDP- 43 sui campioni saranno effettuati studi immunocitochimici e molecolari.
‘MoonALS’ – Il progetto, coordinato da Giovanni Nardo dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, studierà la fisiopatologia della SLA indagando il ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia per identificare possibili biomarcatori. In particolare, nei modelli murini a lenta e rapida progressione e nelle colture cellulari verranno studiate le molecole rilasciate dalle cellule satellite, ossia le cellule staminali del muscolo scheletrico, per verificare se possono contrastare l’atrofia muscolare indotta dalla SLA.
Studi esplorativi
‘FLYGEN’ – Il progetto, coordinato da Arianna Manini dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, intende identificare nuove cause genetiche di SLA in pazienti con un’alta probabilità di avere mutazioni genetiche, come quelli con forte storia familiare di SLA o esordio estremamente precoce, sinora non diagnosticati dal punto di vista genetico. I ricercatori utilizzeranno una tecnica di sequenziamento altamente accurata e specifica (sequenziamento di frammenti lunghi di DNA, detto “long-read”), in grado identificare variazioni della struttura del genoma che spesso non vengono riconosciute dalle tecnologie più comuni. (Ambito di ricerca di pre-clinica, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘GHRHagoALS’ – In questo progetto, coordinato da Riccarda Granata dell’Università degli Studi di Torino, saranno valutati gli effetti protettivi della molecola MR-409, agonista dell’ormone ipotalamico GHRH (Growth Hormone Releasing Hormone) in modelli murini di SLA con mutazione SOD1G93A e in motoneuroni derivati dalle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) di pazienti con SLA come possibile terapia per la patologia. (Ambito di ricerca di pre-clinica, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘JASLSDGC’ – Lo studio, coordinato da Antonio Orlacchio dell’Università degli Studi di Perugia, mira a identificare nuovi geni correlati alla SLA giovanile, una forma rara di malattia che si verifica prima dei 25 anni di età, analizzando i campioni di DNA di pazienti con SLA ad esordio giovanile con l’utilizzo di nuove tecnologie molecolari. Il progetto prevede inoltre di sviluppare un modello di zebrafish per studiare le funzioni dei nuovi geni identificati. L’individuazione dei casi di SLA giovanile, sia sporadici che familiari, e della loro componente genetica è fondamentale per una valutazione clinica accurata e tempestiva. (Ambito di ricerca base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘MECH-ALS’ – Il progetto, coordinato da Marco Foiani dell’Istituto di Genetica Molecolare Luigi Luca Cavalli Sforza di Pavia, studierà i meccanismi patologici della SLA nei casi legati alle mutazioni del gene NEK1, che ha un ruolo nel mantenimento dell’integrità dell’involucro nucleare, per comprendere come il suo malfunzionamento influisca sulla salute dei neuroni. L’obiettivo è identificare potenziali bersagli terapeutici e ipotizzare nuovi trattamenti in grado di rallentare o fermare la progressione della SLA. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘Seed-NMR’ – Il progetto, coordinato da Linda Cerofolini dell’Università degli Studi di Firenze, ha l’obiettivo di sviluppare metodi analitici che permettano una diagnosi precoce di SLA e la distinzione da altre patologie neurodegenerative. Saranno studiati gli aggregati della proteina TDP-43, caratteristici sia nella SLA che nella Demenza Frontemporale, nella mucosa olfattiva di pazienti di entrambe le patologie, analizzati con tecniche di risonanza magnetica nucleare (NMR) ad alta risoluzione. I dati ottenuti dalla mucosa olfattiva saranno poi confrontati con quelli derivanti dal fluido cerebrospinale degli stessi pazienti, per valutare se l’analisi della sola mucosa olfattiva possa essere sufficiente per una diagnosi differenziale delle due patologie. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
SpinMNALS’ – Il progetto, coordinato da Carmelo Milioto dell’Università degli Studi di Milano, ha l’obiettivo di distinguere e caratterizzare i sottotipi di motoneuroni più interessati dalla SLA causata dalla mutazione del gene C9orf72 (la causa genetica più comune nella malattia) per sviluppare biomarcatori e terapie mirate. Per comprendere i meccanismi che portano alla vulnerabilità selettiva dei motoneuroni, saranno presi in esame dei nuovi modelli murini di C9orf72, sviluppati dal ricercatore, che riproducono aspetti chiave della patologia. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘StressHuD’ – Il progetto, coordinato da Alessandro Rosa della Sapienza Università di Roma, mira a studiare il ruolo di HuD, proteina che svolge un ruolo cruciale nel sistema nervoso per lo sviluppo e la plasticità cerebrale, e quali forme della proteina vengano prodotte durante lo stress ossidativo presente nei pazienti con SLA. Inoltre, sarà valutato se e come la disfunzione di TDP-43, una proteina alterata nel 97% dei pazienti con SLA, porti ad un aumento di HuD quando i motoneuroni sono esposti allo stress ossidativo. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
Gli interventi
Tanti sono stati interventi importanti al convegno. A partire dal Professore di neurologia e genetica di malattie complesse al King’s College London di Londra Ammar Al- Chalabi, che nella sua lettura magistrale ha affrontato il tema di come sia possibile trovare nuovi trattamenti evidenziando che: “Ci troviamo in una fase cruciale della comprensione della malattia, in cui la maggiore conoscenza sulla sua eterogeneità può consentire di sviluppare terapie più mirate”.
E ancora la lettura magistrale affidata a Giuseppe Lauria, Direttore scientifico dell’IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta e Professore di neurologia dell’Università degli Studi di Milano, che ha approfondito il tema del repurposing nella SLA, ovvero l’utilizzo di farmaci già esistenti per la cura di altre malattie come soluzioni terapeutiche per la SLA, sottolineando che “tra i farmaci candidati promettenti ci sono guanabenz e il suo derivato sintetico icerguastat; quest’ultimo attualmente in fase di valutazione in uno studio clinico randomizzato di fase 2 che coinvolge pazienti con SLA a esordio bulbare”.
Le conclusioni
A concludere gli interventi è stata la Presidente di AriSLA, Lucia Monaco, che ha illustrato il panorama internazionale sulle malattie rare, evidenziando come: “Le oltre seimila malattie rare presenti nel mondo condividono la difficoltà di ottenere una diagnosi, la mancanza o scarsità di terapie efficaci, gli ostacoli all’accesso a cure e terapie disponibili e l’isolamento
dei pazienti e delle loro famiglie. Affrontare questi problemi a livello internazionale consente di condividere conoscenze ed esperienze e di aumentare l’efficacia degli interventi a livello nazionale e regionale”.
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