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Omicidio Vassallo, inchiesta alla prova del Riesame: rimangono ombre e contraddizioni


È il giorno del Riesame. Quello nel quale accusa e difesa si troveranno faccia a faccia per definire le posizioni di tre dei quattro indagati dell’omicidio Vassallo. I termini per la decisione dei giudici scadrà il prossimo venerdì e non si esclude che il collegio prenderà tutto il tempo necessario.

Ha rinunciato al Riesame soltanto l’ex collaboratore di giustizia Romolo Ridosso, difeso dall’avvocato Michele Avino, per il quale potrebbe aprirsi qualche diversa prospettiva nel caso gli inquirenti troveranno riscontro alle sue parole, quelle che inchioderebbero Lazzaro Cioffi quale esecutore materiale del delitto.

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L’ultima posizione che dovrebbe essere discussa nella giornata di oggi è proprio quella dell’indagato numero uno, per la sua storia personale di grande investigatore, ovvero quella di Fabio Cagnazzo, difeso dall’avvocato Ilaria Criscuolo. Prima di lui ci saranno le discussioni degli avvocati Giuseppe Stellato per Lazzaro Cioffi e Giovanni Annunziata per Giuseppe Cipriano.

E se la procura di Salerno, diretta da Giuseppe Borrelli e dal vicario Luigi Alberto Cannavale, ha chiuso il cerchio intorno ai quattro presunti responsabili dell’omicidio del sindaco pescatore di Pollica, resta aperto il fascicolo che riguarda il traffico della droga, che riporterebbe ai fratelli imprenditori Palladino e che vede, tra l’altro, indagato anche il figlio di Romolo Ridosso, Salvatore. Si cercano prove, invece, per un terzo filone aperto proprio dopo gli arresti di inizio novembre, e che riguarderebbe l’individuazione del killer di Vassallo. Ridosso su questo punto, nel suo interrogatorio di garanzia, ha dichiarato che Cipriano gli aveva confidato che era stato proprio il carabiniere «infedele» e sovrintendente di Cagnazzo, Lazzaro Cioffi. Ma tutto è ora sotto la lente di ingrandimento della procura.

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Le contraddizioni

Sarebbe stato Giuseppe Cipriano a fare il nome di Lazzaro Cioffi a Romolo Ridosso e quest’ultimo lo avrebbe riferito agli inquirenti. Ma, se Ridosso nel corso degli anni è risultato spesso contraddittorio, fino a perdere il suo status di collaboratore di giustizia, questa volta gli investigatori hanno deciso di verificare quanto da lui riferito: a contraddirsi sarebbe difatti stato Cipriano nel suo racconto dei fatti. Innanzitutto Ridosso ha consegnato la fotografia scattata a casa di Raffaele Mauriello, cugino dell’imprenditore di Scafati ma anche narcotrafficante, nella quale i tre (Mauriello è deceduto nel frattempo, ndr) siedono in atteggiamento scherzoso su un trono. Come ad attestare il rapporto di cordialità esistente tra Ridosso, Cipriano e Mauriello.

Rapporti che Cipriano aveva negato, dicendo di non avere legami con il cugino e tanto meno di essere in «amicizia» con Ridosso. Ma non sono i soli punti di contraddizione. C’è la faccenda della chiavi dei locali che lui avrebbe dovuto consegnare ad una persona ad Acciaroli, proprio qualche giorno prima dell’omicidio di Vassallo, e che secondo Ridosso sarebbe stato il motivo per il quale avrebbe fatto il viaggio in zona ad inizio settembre. C’è poi la storia del gozzo/gommone che, secondo le carte dell’inchiesta sarebbe stato di proprietà di Cipriano e sarebbe stato utilizzato per portare i carichi di droga lungo la costa per depositarli a Torre Caleo.

Lui afferma di non avere barche di proprietà o, meglio «io tratto le barche in un periodo avevo anche un gozzo sorrentino». I Ridosso hanno dichiarato, padre e figli, che lui aveva un gommone, ma lui ha negato per poi ribadire che il gommone lo aveva ma non nel 2010, qualche anno dopo. Stesso corto circuito di date per quanto riguarda ala casa in affitto: la procura sostiene che lui avesse preso l’abitazione nel 2010, lui ribadisce che l’anno era il 2009. E ancora Ridosso: Cipriano ha detto di non avere rapporti con lui ma si faceva dare le auto in prestito, lo riteneva un «camorrista» ma si faceva cambiare assegni post datati.

Le ombre

Se non ci sono dubbi sul movente dell’omicidio, ovvero che Vassallo aveva scoperto un vasto traffico di droga tra il napoletano e il Cilento, con base di stoccaggio ad Acciaroli, è anche vero che, dalle carte dell’inchiesta, emerge che il tenente colonnello Cagnazzo era iscritto nel registro degli indagati già nel 2013.

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Nove anni fa, nove anni prima del suo arresto. Ad accendere dubbi sul suo operato e sulla linearità dei suoi comportamenti, una annotazione di servizio redatta dall’allora comandante della stazione di Pollica e consegnata ai Ros di Salerno. Ci sono poi ombre sul killer, su colui che ha sparato i nove colpi di pistola che hanno trucidato Angelo Vassallo e sul perché il sindaco, che in quel periodo aveva detto alle persone a lui più vicine di aver paura, si fosse fermato con la propria auto a parlare con qualcuno in una zona isolata, una strada secondaria che lo avrebbe dovuto portare a casa. Conosceva il suo killer? Per gli inquirenti, sì. Tant’è che, e questo è stato evidente fin dalle prime battute dell’indagine, aveva il finestrino abbassato e il piede su freno. Quindi si sarebbe fermato anche a parlare con il suo killer.

Le luci

I punti fermi nell’inchiesta non mancherebbero. E riguarderebbero proprio il coinvolgimento di Cagnazzo nel depistaggio. I video da lui acquisiti e non consegnati in procura. Un punto questo sul quale l’ufficiale è stato smentito sia dal procuratore generale di Salerno (all’epoca titolare del fascicolo) Rosa Volpe e sia dal procuratore capo in pensione Franco Roberto. Lui avrebbe detto di aver avvisato, loro confermano il contrario. C’è poi il bossolo sollevato con un ramo da Scagnozzo e mostrato ad uno dei fratelli Vassallo, Claudio. I mozziconi di sigaretta raccolti da terra prima dell’arrivo dei Ris. Le accuse costruite nei confronti di Bruno Humberto Damiano.





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