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Grandi Maestri del colore. In Puglia la rassegna antologica di Angelo Lupi Tarantino ripropone il carisma dell’arte.


Angelo Lupi Tarantino il pittore- scrive di lui il critico d’arte e giornalista Rosario Sprovieri-“possiede l’originalità di quell’essere misantropo-mito-scenico, e personifica quella tipica figura fiabesca della tradizione popolare che appartiene al mondo del fantastico, pur se è da sottolineare che – questa figura fiabesca, per il pittore –  non è semplicemente uno strumento di evasione, né un gioco da impersonare, ma è il mezzo principale che, attraverso la pittura, permette all’artista di approdare in quella “seconda vita” che solo chi possiede sensibilità spiccata e ottima vista è in grado d’individuare, di far emergere dall’impercettibile e di trovare le giuste raffigurazioni, in modo da poter riavere tutto ciò per cui l’uomo che soffre e, ritrovare ciò che ha perduto”.

La rassegna pugliese di Nardò in realtà ripropone il carisma e lo spessore artistico di questo genio del colore che si guarda bene dalle ubriacature da successo, un artista che ha sempre vissuto in silenzio, quasi di nascosto, rifuggendo i riflettori della ribalta che da anni lo circuiscono e lambiscono la sua vita privata. Un uomo e un intellettuale del sud dalla testa ai piedi, dal temperamento mite e dolcissimo e che poi produce sulle tele invasioni di emozioni, suggestioni, e pulsioni intime anche forti.

Forse ha ragione il mondo della critica: “Angelo Lupi Tarantino– scrive di lui Rosario Sprovieri– lascia trasparire proprio quel carattere dell’omino burlone, agile, sfuggente, capace di sorprendere e di volare o, anche di rendersi invisibile nella forma e nel mistero”.

Il grande Duccio Trombadori – era il 1998, all’Accademia delle Belle Arti a Lecce- aggiunge alle note di Rosario Sprovieri quel tocco di eleganza che fa delle opere dell’artista pugliese uno dei grandi  maestri del colore di questo secolo: “L’eleganza con cui Tarantino -scriveva Duccio Trombadori nella presentazione che fece alla sua rassegna- esegue la sua narrazione mitico-esistenziale, è il risultato più valido di una pittura che non si concede vezzi di maniera, ma indaga nel mistero del “bello” con l’ambizione di enucleare sentimenti moderni e autentici”.

Ma c’è un termine assai caro ai due critici appena citati che mi piace molto qui ripetere “E’ bello vagare nello spettacolo dipinto dei suoi quadri”. Perché questa è la dimensione vera della pittura del maestro Angelo Lupi Tarantino, questa possibilità di tuffarti nelle sue tele e “navigare” in un mare di colori e di provocazioni, a volte ancestrali altre volte reali, dove i corpi femminili soprattutto hanno una valenza a sé stante, perché caratterizzati da forme avvolgenti e tipicamente mediterranee.

Una rassegna da non perdere, – ripete con grande entusiasmo lo scrittore e giornalista parlamentare Mario Nanni, anche lui figlio illustre di Nardò- che ci racconta l’anima di un artista che dopo aver girato il mondo ha scelto consapevolmente di tornare nella sua terra di origine e dare da qui, profondo Sud del mondo, il meglio della sua forza poetica ed artistica”

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Bellissima la definizione che dà di lui il critico d’arte Rosario Sprovieri: “Tarantino appartiene a un universo multiforme e complesso, fuori dal sentire comune. Ancorato a delle terre dove nessun uomo è isola, seppure solitudine esistenziale lacera il cuore, il pittore possiede fascino e forza, attraverso le sue visioni propone scoperte incredibili, figli e figlie del viaggio più incredibile compiuto dentro sé stesso. In fondo, in fondo il viaggio e la storia dell’artista leccese si può ben sintetizzare con l’espressione narrativa dello scrittore, premio Nobel per la letteratura, Albert Camus: “Creare è dare forma al proprio destino”.

La storia pubblica del maestro pugliese è ormai Storia dell’arte italiana del ‘900. Nato a Molfetta nel 1950, il giovane Angelo Tarantino si diploma al Liceo artistico di Lecce e nel 1968 -anni turbolenti in Italia e in Europa per via delle prime manifestazioni studentesche di piazza- lui espone le sue prime opere prima a Bari, poi a Firenze, quindi a Lugano, finché poi a Milano viene definitivamente rapito dal mondo della Scala. Approda infatti nei primi laboratori di scenografia e scultura del Teatro milanese dove collabora all’allestimento della mostra del Bicentenario Scaligero, e per lui è il grande salto nel buio. Quasi la consacrazione ufficiale del suo talento e della genialità che ha in corpo. Da quel momento per lui l’arte sarà il suo pane quotidiano e le sue opere incominciano a fare il giro di mezza Europa. Da allora di acqua ne è passata tantissima, ma c’è una parentesi quasi intima della sua vita che il grande pittore pugliese si porta nel cuore, ed è la sua lunga permanenza a Parigi che da giovane lo ha trasformato da intellettuale del sud in uno degli artisti italiani più amati e più conosciuti di Montmartre, “un angolo di paradiso- sorride lui con gli occhi rivolti nel vuoto- che hanno cambiato la mia vita”.

Bene, da oggi fino al prossimo 3 dicembre, per chi volesse incontrare questa stella della pittura italiana può farlo tranquillamente andandolo a trovare nella sua nuova casa di Nardò, dove noi ci siamo già stati e dove ci siamo sentiti trattati come dei nuovi principi. Ma questa forse è la vera grande magia dei Sud del mondo. 





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