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De Nadai: «Il segreto per farcela? Avere pazienza. La tecnologia? Da sola non basta, ma amplifica le capacità»


È uno dei volti più noti dell’innovazione italiana nel mondo, fondatore di ScuolaZoo e di WeRoad, vincitore del Premio Scaleup di EY. Intervista a Paolo De Nadai. «Ho imparato ad avere pazienza. Per costruire qualcosa di solido e che abbia un forte impatto sulle persone serve tempo»

Mettersi in ascolto, pronti a cogliere i segnali deboli del mercato e delle comunità che lo abitano. Mettersi in ascolto e farlo per davvero, dettando i tempi e prendendosi il giusto tempo per decodificare questi tempi moderni. Un gioco di parole che declina un’operazione all’apparenza semplice, ma in realtà nei fatti assai complessa. Eppure qualcuno riesce a farcela. Con lucidità, con intraprendenza, con consapevolezza e pure con una buona dose di coraggio che rasenta la follia. Ecco, sto parlando di Paolo De Nadai, trentaquattrenne padovano di nascita, globetrotter per passione, imprenditore seriale per professione. Lui è un volto noto dell’innovazione italiana nel mondo, oggi presidente del gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio Milano e vicepresidente nazionale di Confcommercio Giovani, nonché presidente di OneDay Group, colosso milanese a cui fanno capo anche ScuolaZoo e WeRoad e che ha raggiunto lo scorso anno i 75 milioni di euro e un incremento del fatturato del +60%. Nello specifico WeRoad, adventure travel company nata nel 2017 a Milano, propone viaggi in giro per il mondo per piccoli gruppi di persone che non si conoscono. Il mercato è europeo con una presenza fisica anche in Spagna, Regno Unito, Francia e Germania grazie ad una community di oltre 3.000 coordinatori e ad un’offerta di oltre 1.000 diversi itinerari di viaggio scelti da 80.000 persone di 103 Paesi diversi. De Nadai pochi giorni ha vinto il Premio Scaleup alla ventisettesima edizione del Premio EY. L’ho intervistato partendo dall’intuizione iniziale, quella che ha permesso ad un’idea di diventare grande.

Come è nata l’intuizione di WeRoad?
Dall’osservazione delle dinamiche sociali e dei cambiamenti dei nostri tempi: anche noi, come fondatori, l’abbiamo sperimentato direttamente. Con il tempo ci rendevamo conto che era sempre più complicato organizzare viaggi con gli amici di sempre. Abbiamo capito che questo era un problema comune tra le nuove generazioni. Le ragioni sono molteplici: i cambiamenti nelle fasi della vita come il matrimonio o le relazioni, la diversa disponibilità di ferie, i differenti gusti in fatto di viaggi perché c’è chi cerca avventura e chi preferisce una vacanza tranquilla al mare. In generale nella società di oggi è sempre più difficile combinare tutto. Da questa esigenza concreta, ancor prima che da un vuoto di mercato, è nata l’idea.

Che fase storica sta affrontando l’innovazione?
Una fase di maturazione dell’ecosistema, un periodo in cui finalmente il potenziale delle nuove imprese sta venendo riconosciuto. Stiamo vedendo sempre più realtà capaci di competere su scala internazionale, ma anche un aumento delle collaborazioni tra aziende tradizionali e startup che stanno spingendo l’innovazione in diversi settori. A livello globale la situazione è simile ma avanzata di qualche passo: negli Stati Uniti o nei Paesi scandinavi, ma anche nella vicina Francia, c’è una cultura dell’innovazione già ben consolidata. Qui le startup vengono viste come motori essenziali per la crescita economica e lo sviluppo di soluzioni sostenibili e tecnologiche. In Paesi come la Cina e l’India si assiste a un continuo fiorire di nuove iniziative grazie a un’adozione rapidissima della tecnologia. 

Nel futuro cosa ci aspetta?
Un ecosistema globale sempre più interconnesso, dove le startup italiane potranno avere opportunità di collaborare e di confrontarsi con i migliori. Siamo a un punto di svolta in cui anche in Italia possiamo aspirare a creare valore su larga scala e sarà interessante vedere come il nostro ecosistema continuerà a crescere in questo contesto.  

Si parla tanto di startup a forte vocazione tecnologica. Contano più le persone o le tecnologie?
La tecnologia è fondamentale, ma da sola non bastaÈ il team con le sue competenze, la sua visione e la capacità di innovare che fa davvero la differenza. Certo, la tecnologia ti aiuta a migliorare: per esempio in WeRoad abbiamo adottato un nuovo modello marketplace attraverso il quale i coordinatori più esperti possono rivendere itinerari che creano in maniera autonoma ed è un modello che ci aiuterà a personalizzare moltissimo la nostra offerta dando la possibilità a più persone di viaggiare con noi, ma anche a permettere ai coordinatori di trasformare la propria passione per i viaggi in un lavoro. Questo progetto sarà centrale nel futuro di WeRoad e già ora vale più del 20% della nostra offerta, ma senza un grande investimento tanto nella parte tecnologica quanto nella ricerca di andare incontro alle esigenze dei coordinatori, non sarebbe stato possibile.

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Nel disegnare un’impresa a cosa bisogna prestare attenzione?
Abbiamo già parlato dell’importanza che rivestono le persone all’interno di una azienda, e lo sottolineo anche qui perché questa attenzione va di pari passo con la realizzazione di una cultura aziendale forte. All’inizio è fondamentale scrivere nero su bianco i valori. Quando l’azienda cresce e inizia a strutturarsi si è portati a pensare che il business e i processi vengano prima. E invece credo che mantenere puro il proprio DNA e avere sempre la bussola in mano che indica la direzione tenendo salda la barra dei valori e della cultura sia fondamentale e aiuta a contraddistinguersi. L’altro consiglio è guardare fuori e non concentrarsi sul mercato domestico. Si tratta proprio di una questione matematica: a meno che tu non abbia un business territoriale, non ha senso non guardare all’Europa prima e al mondo poi e quindi a un mercato globale. A un giovane imprenditore consiglierei di investire prima di tutto nel costruire sulle persone e poi di usare la tecnologia come amplificatore delle proprie capacità.

Veniamo ai tasti dolenti. Quanto contano i capitali e quindi gli investimenti rispetto alle idee
Sicuramente se ti autofinanzi vai più lento ed è un primo elemento molto importante perché il tempo è il bene più prezioso che abbiamo. Ma gli investitori non aiutano solo dal punto di vista economico: gli investitori sono tendenzialmente persone che hanno esperienza, ti danno consigli di cui ti puoi fidare, perché hanno ovviamente interesse a darti consigli coerenti e possono presentarti un network che aiuta il lavoro di tutti i giorni. Ma sono convinto che senza un’idea valida e un modello di business forte il capitale da solo non può generare valore.

Un consiglio da decano alla nuova generazione di startupper?
Iniziare subito, molto meglio avere una grande idea in grado di essere subito testata e con un processo all’inizio non perfetto che poi gradualmente si ottimizza. Inoltre ritengo importantissimi mentorship e networking per poter avere sempre dei punti di riferimento e occasioni di crescita professionale e personale, su questo io oltre agli investitori guardo all’associazionismo. Un’altra cosa che io ho imparato con il tempo è avere pazienza: per costruire qualcosa di solido e che abbia un forte impatto sulle persone serve tempo.





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