L’AQUILA – Sono passati 15 anni dal referendum in cui nel giugno del 2011, 26 milioni di cittadini italiani sancirono che sull’acqua non si sarebbe potuto più fare profitto, e che la gestione doveva restare pubblica. Ora però torna in Abruzzo l’ipotesi, per molti uno spettro, per altri una soluzione ottimale, di una gestione non più interamente pubblica, con un nome altisonante che già circola, l’Acea spa, colosso misto pubblico-privato i cui azionisti sono Roma Capitale, l’azienda francese Suez e l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, costruttore ed editore anche del quotidiano Il Messaggero.
Questo potrebbe avvenire quando nel 2027, scadranno gli affidamenti di ben cinque delle sei delle società pubbliche di gestione del ciclo idrico integrato, il Cam nella Marsica, presidente Alfredo Chiantini, l’Aca in provincia di Pescara, presidente Giovanna Brandelli, la Sasi in provincia di Chieti, presidente Gianfranco Basterebbe, la Saca nella Valle Peligna ed Alto Sangro, presidente Luciano Di Biase e la Ruzzo Reti nel teramano, presidente Alessia Cognitti, il cui affidamento terminava nel 2026, ma poi con un emendamento a firma del consigliere del Pd Sandro Mariani è stato prorogato di un anno, per allineare le scadenze.
Queste cinque società potrebbero non vedersi rinnovato l’affidamento, con il servizio idrico che andrà a gara.
Fa eccezione per ora la Gran Sasso acqua, presidente Ivo Pagliari, che opera nell’Aquilano, con l’affidamento che scade infatti nel 2030.
Il pallino della scelta è in mano all’Ente regionale per il servizio idrico integrato dell’Abruzzo (Ersi), nato nel 2011, al posto dei vecchi sei Ambiti territoriali ottimali (Ato), centralizzando la funzione di ente regolatore del servizio idrico integrato regionale, costituito dall’insieme dei “servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue”. Neopresidente al posto di Nunzio Merolli, è ora l’avvocato sulmonese Luigi Di Loreto, in quota Noi Moderati, un fedelissimo del marito del vicepresidente del consiglio Marianna Scoccia, l’ex assessore regionale Andrea Gerosolimo. Di Loreto è stato già stato amministratore unico della Saca.
Sarà dunque l’Ersi a dover decidere di confermare le attuali cinque società di gestione, dovendone però motivare la scelta all’Arera, l’autorità di regolazione che per lo Stato si occupa anche di ciclo idrico. Oppure potrà bandire una gara europea.
E nel secondo caso, che in molti vedono essere l’orientamento sia del governo centrale che di quello regionale di un centrodestra da sempre propenso al privato, solo l’Aca e la Sasi avrebbero una condizione economica ed i requisiti per partecipare alla gara.
E in ogni caso avrebbero poche possibilità contro un carrarmato come l’Acea, di cui è presidente Barbara Marinali, primo operatore nel settore idrico in Italia per 59.000 chilometri di rete idrico potabile e 7 centrali idroelettriche, con oltre 10 milioni di cittadini utenti, a Roma e Frosinone, e in altre aree del Lazio, Toscana, Umbria, Campania e Molise, ed anche in America Latina, ovvero in Honduras, Repubblica Dominicana e Perù.
Del resto nella passata legislatura è stato istituita una commissione speciale sul ciclo idrico, presieduta dal consigliere regionale di Forza Italia, ex M5s, e non rieletta, Sara Marcozzi, che ha posto come priorità, “un cambio strutturale della governance nella direzione della gestione unica regionale”.
Altri step necessari e non più rinviabili sono “la previsione di una gestione accentrata degli acquisti, dall’energia elettrica alle materie prime fino ai servizi e la creazione di un sistema di interconnessione tra le reti dei sei gestori, per portare l’acqua ovunque manchi. Perseguire economie di scala porterà risultati positivi quali l’abbassamento dei costi e la riduzione delle tariffe mentre la condivisione di infrastrutture e tecnologie renderà il servizio più efficiente e performante. In altre regioni funziona già così, e anche l’Abruzzo deve mettersi al passo”.
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