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L’integrazione passa anche da impresa e lavoro




Migranti al lavoro nei campi – Archivio

Tra calo delle nascite, invecchiamento della popolazione attiva e giovani in fuga all’estero, l’Italia ha sempre più bisogno di lavoratori e imprenditori stranieri. Entro il 2028, infatti, le aziende e la pubblica amministrazione dovranno assumere fra i 3,4 e i 3,9 milioni di persone. E più di mezzo milione potrebbero essere immigrati. La stima è Unioncamere. Un dato indicativo riguarda il fabbisogno di cittadini stranieri da impiegare nel settore privato durante i prossimi cinque anni: fino a 640mila lavoratori immigrati nel nostro Paese, un quinto della quota totale di personale necessario, potrebbero soddisfare le esigenze di molteplici settori e filiere specifici, dall’agricoltura alla moda. Com’è facile immaginare, è nel mondo agricolo e industriale che il contributo di questi ultimi inciderebbe di più (35% e 28% sulla percentuale di nuovo personale richiesta dal settore), ma anche nel comprato moda (45,7%), mobilità e logistica (33%), agroalimentare (32,1%), legno e arredo (29,9%), costruzioni e infrastrutture (29,4%). Prospettive che lanciano un segnale importante su quanto l’immigrazione oggi possa diventare linfa vitale per alimentare e tenere in vita il sistema produttivo nazionale. Sempre più urgente, in quest’ottica, l’introduzione di tutele adeguate a contrastare fenomeni come caporalato e sfruttamento, per garantire la sicurezza di tutti i lavoratori.

Sempre più stranieri alla guida delle imprese

Bonus agricoltura

Finanziamenti e contributi

Avviare una nuova attività imprenditoriale in Italia è una sfida che intraprendono sempre di più gli stranieri, mentre le aziende locali cedono progressivamente il passo. Negli ultimi dieci anni le imprese attive guidate da titolari nati all’estero sono aumentate del 29,5% (in valore assoluto pari a +133.734), quelle in cui a capo c’è un italiano, invece, sono scese del 4,7% (-222.241). Delle 5.097.617 aziende attive presenti in Italia, ben 586.584 (pari all’11,5% del totale nazionale) sono a conduzione straniera. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia, secondo cui il trend demografico registrato in questi ultimi anni in Italia ha sicuramente condizionato questi risultati. Tuttavia, tasse, burocrazia, caro-bollette, costo degli affitti e senso perenne di precarietà che affliggono tantissime partite Iva hanno smorzato in molti italiani la voglia di affermarsi nel mondo del lavoro attraverso l’autoimprenditorialità. Occasione, invece, che gli stranieri non si stanno lasciando scappare. Nell’ultimo decennio (2013-2023), nelle 105 province d’Italia monitorate solo 7 hanno visto aumentare in termini assoluti il numero degli imprenditori italiani rispetto a quelli stranieri. Le realtà geografiche in cui gli stranieri con partita Iva sono cresciuti meno dei colleghi italiani sono tutte ubicate nel Mezzogiorno: Catania, Messina, Cosenza, Siracusa, Nuoro, Vibo Valentia e Palermo. Il commercio e l’edilizia sono i due settori economici dove si trova il maggior numero di imprenditori stranieri. Nel primo sono quasi 195mila, nel secondo 156mila. Se nel primo caso costituiscono il 15,2% del totale di tutte le attività presenti in questo settore, nel secondo si arriva fino al 20,6%. Le quasi 351mila aziende dei due comparti incidono per il 60% sul totale delle imprese stranieri presenti in Italia. Il terzo settore più ambito dagli imprenditori stranieri è l’alloggio ristorazione con 50.210 unità (12,7% del totale nazionale). In riferimento alla nazionalità, gli imprenditori stranieri maggiormente presenti in Italia sono i rumeni: ammontano a 78.258 persone. Seguono i cinesi con 78.114, i marocchini con 66.386 e gli albanesi con 61.586. Rispetto a 10 anni fa, la percentuale di crescita più sostenuta ha interessato i moldavi con il +127%. A ruota i pakistani con +107 e gli ucraini con il +91. Negli ultimi 10 anni la provincia d’Italia che ha registrato l’incremento percentuale più significativo è stata Napoli. Tra il 2013 e il 2023 la crescita è più che raddoppiata, per la precisione del +109,3%. Seguono Brindisi con il +63,2, Taranto con il +61,8 e Trapani con il +54,9. Sempre in questo decennio, la variazione assoluta più importante ha interessato la città metropolitana di Milano con un aumento delle aziende a guida straniera di 30.482 unità. Tallonata da Napoli con +15.399 e Roma con +11.690. In termini assoluti, infine, il territorio che ne ospita di più è la città metropolitana di Milano con 92.168 unità. Seguono Roma con 69.343 e Torino con 37.777.

Tra decreto Flussi e Carta Blu Europea

L’immigrazione e l’inserimento nel mondo del lavoro italiano rappresentano un fenomeno cruciale che può avere un impatto importante sul futuro del mercato occupazionale nazionale. «In questo contesto di difficoltà nel reperimento del personale, una criticità ulteriore per il mercato del lavoro in Italia è rappresentata dal calo demografico – spiega Dimitri Cerioli, consulente del lavoro di Nexus Hrs –. Un trend che amplifica la necessità di una gestione efficace dei flussi migratori per compensare la carenza di forza lavoro, soprattutto in settori strategici dell’economia. Il Decreto Flussi 2024 rappresenta una prima risposta: agevola l’ingresso e l’inserimento lavorativo degli stranieri, semplificale procedure, riduce i tempi per le verifiche del Centro per l’Impiego. Non solo, viene introdotta la firma digitale per i contratti, vengono previste quote settoriali mirate per i settori con maggiore carenza di manodopera: lavoro stagionale, settori critici come autotrasporto, edilizia, turismo e assistenza familiare. Ruolo centrale avranno i Consulenti del Lavoro che potranno asseverare i requisiti contrattuali richiesti per l’ingresso e presentare più di tre richieste di nulla osta per ciascun datore di lavoro».

Gli ingressi per lavoro non qualificato sono infatti regolati dal cosiddetto decreto Flussi con quote annuali o triennali. Per il triennio 2023-2025, il governo ha ampliato il tetto massimo, passando da 136mila ingressi nel 2023 a 190mila previsti nel 2025. «Saranno circa 86mila i lavoratori immigrati che entreranno a novembre nel mercato del lavoro italiano, pari al 20,1% della forza lavoro necessaria – aggiunge Giulietta Bergamaschi, managing partner e co-founder dello studio legale Lexellent -. Questi saranno impiegati principalmente quali professionisti qualificati nelle attività commerciali e servizi (30mila unità, pari al 22% della domanda), operai specializzati (16mila unità, pari al 23,34% della domanda), lavoratori non qualificati (19mila unità, pari al 29% della domanda) e conduttori (10mila unità, pari al 21% della domanda). Sempre per il mese di novembre, il numero di lavoratori stranieri in ingresso risulta poi del tutto insufficiente a rispondere alla richiesta delle imprese italiane di figure impiegatizie, per le quali sono previsti in entrata 2820 lavoratori, che costituiscono l’8% del fabbisogno, di professionisti tecnici, per cui sono previsti 4860 ingressi, corrispondenti al 9% delle risorse necessarie, nonché di dirigenti e professionisti con elevata specializzazione, per i quali sono previsti 2480 lavoratori in ingresso, pari al 9% del personale richiesto. Per il 2025, in attuazione del Testo Unico sull’immigrazione, il Decreto Flussi prevede l’ingresso in Italia di una quota pari a 190mila lavoratori non comunitari, di cui 10mila da impiegare nel settore dell’assistenza familiare e sociosanitaria, in aumento rispetto ai 136mila lavoratori non comunitari entrati nel 2024, ma che ancora non permettono di far fronte alla domanda di lavoratori delle imprese italiane».

Nel 2023 solo 39mila lavoratori sono effettivamente entrati, nonostante la domanda di nulla osta superasse abbondantemente le quote disponibili. «Una delle ragioni di questo paradosso – osserva Pietro Derossi, responsabile del team di Global Mobility & Immigration dello studio legale Lexia – è che moltissimi stranieri ottengono il nulla osta dalla Prefettura (prima fase procedurale), ottengono il Visto dal Consolato Italiano (seconda fase procedurale), fanno ingresso in Italia e non trovano più il datore di lavoro, che non si presenta alla convocazione da parte della Prefettura e sparisce senza dare alcuna giustificazione circa la perdita di interesse all’assunzione. In questi casi, l’iter non può concludersi e la persona o torna nel proprio Paese o rimane irregolarmente in Italia». L’introduzione di misure come l’obbligo di pre-compilazione e la preclusione triennale per i datori inadempienti rappresenta un passo avanti, ma non risolve il problema alla radice. Come suggerisce Derossi, proseguendo, «a mio avviso bisognerebbe introdurre un’ulteriore sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti di chi, non solo non dà inizio al rapporto di lavoro, ma sparisce del tutto senza dare alcuna giustificazione alla Prefettura, condannando così all’irregolarità la persona migrante. Si tratta di casi in cui spesso alla base c’è una condotta di frode intenzionale volta al conseguimento di un guadagno illecito. Nulla può essere più efficace che colpire chi cerca di guadagnare con una seria sanzione economica, oltre che un’esclusione perpetua da domande future».

Anche sull’altro fronte, l’ingresso di lavoratori altamente qualificati rimane significativamente basso: nel 2023, solo 7mila ingressi di questo tipo sono stati registrati su un totale di 39mila lavoratori stranieri. Un dato significativo, se consideriamo che tali ingressi non sono soggetti ai limiti numerici imposti dal decreto Flussi. Le criticità strutturali e normative esistenti continuano a frenare, oltre all’integrazione di lavoratori non qualificati, anche l’attrazione di personale altamente qualificato, con un impatto negativo tanto per i migranti quanto per il tessuto produttivo nazionale. La normativa legata alla Carta Blu Europea, riformata nel marzo 2024 per attrarre talenti, presenta infatti numerose ambiguità. Come evidenzia lo stesso Derossi, «sia tra i consulenti legali del settore sia tra le Prefetture chiamate ad applicare queste nuove norme e la rispettiva circolare attuativa, c’è grande incertezza su cosa significhi un’esperienza professionale ‘paragonabile’ ad un titolo di laurea. Ma il datore di lavoro che impiega tempo ed energie per sponsorizzare il permesso di soggiorno di un cittadino straniero che intende assumere, vorrebbe la certezza o quasi che il lavoratore soddisfi i requisiti senza che vi sia spazio per valutazioni ampiamente discrezionali dell’Ufficio».

Le buone pratiche

Generali e The Human Safety Net, la Fondazione del Gruppo che si pone l’obiettivo di aiutare persone che vivono in contesti di vulnerabilità a liberare il proprio potenziale, hanno presentato a Roma il progetto per la formazione e l’inserimento lavorativo di 300 ausiliari socio assistenziali (Asa), caregiver e operatori socio sanitari (Oss) nelle regioni Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna, offerto a rifugiati e migranti di 18 Paesi diversi e che attualmente risiedono in Italia. Oggi in Italia gli over 65 rappresentano il 24% della popolazione, si stima che questa percentuale crescerà di 10 punti entro il 2050, mentre i caregiver professionali sono circa 1,2 milioni. Nel Paese risiedono 5 milioni di cittadini stranieri, di cui oltre 3 non comunitari e, tra il 2021 e il 2022, si è registrato un aumento del 556% di richieste di asilo e protezione internazionale, seguite dai ricongiungimenti familiari e dai motivi di lavoro. In questo contesto, l’iniziativa ha il duplice obiettivo di dare una risposta concreta al bisogno del Paese di avere professionisti qualificati della salute e della cura, che siano in grado di supportare le sfide del cambiamento demografico in atto, e di creare opportunità di lavoro a chi giunge in Italia alla ricerca di una nuova vita. Gli aderenti hanno l’opportunità di scegliere due diversi percorsi formativi per diventare caregiver familiari, ausiliari socio-assistenziali o operatori socio-sanitari; inoltre, gli studenti vengono sostenuti nello studio della lingua italiana, nel percorso di riconoscimento dei titoli di studio necessari all’ottenimento delle certificazioni professionali e nel placement presso strutture attive nel settore socio-sanitario, inclusi ospedali, cliniche e Rsa. Il progetto, partito a gennaio 2024 e che si concluderà a giugno 2026, vede attualmente oltre 100 beneficiari in fase di tirocinio, dopo la formazione teorica in aula, e rappresenta il rinnovato impegno di The Human Safety Net e Generali Italia a favore di rifugiati e migranti nel Paese. Dal 2019 ad oggi, sono state più di 1200 le persone formate e 470 quelle inserite nel mondo del lavoro grazie ai progetti attivi in Italia.

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