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La Ciambotta lucana, da merenda dei contadini a piatto dal fascino gourmet – Virtù Quotidiane


Piatti e prodotti 23 Nov 2024 19:19


VENOSA – Oggi cuochi e ristoratori si stanno trasformando quasi in custodi delle tradizioni di un tempo. Succede anche in Basilicata, quindi oggi vogliamo parlare di ciambotta. Il piatto, merenda dei contadini, contempla un mix di verdure stufate insieme e inserite in una pagnotta scavata all’interno. Un pasto completo in grado di nutrire e far arrivare fino a sera durante le giornate faticose di campagna. Non una minestra, non il classico pancotto della vicina Puglia, piuttosto una veloce spadellata di ortaggi che, con l’aggiunta di uova o salsiccia, sapeva dare il giusto sprint. Il tutto rimaneva poi a insaporire fino all’ora di pranzo, quando i contadini lo consumavano in quei campi che finiscono lì dove inizia il cielo, tutta bellezza di cui la Lucania può ben fregiarsi.

Della Ciambotta ci sono varianti differenti, però grosso modo, a fare da padrone sono melanzane, peperoni, cipolle, patate, zucchine e pomodori, tutto ciò che l’orto immediatamente mette a disposizione, a discrezione anche del gusto di famiglia. La ciambotta è stata accantonata, ripresa, ricucinata, raccontata in ogni chiave possibile.

Abbiamo chiesto ad Angelo Fiorisi, chef de Al Baliaggio di Venosa (Potenza) presente in guida Michelin, i segreti del piatto e perché in una degustazione al ristorante ora può fare la differenza.

“La ciambotta è un piatto antico che usavano i contadini una volta”, racconta. “Ogni famiglia ha la sua variante, ma gli ingredienti sono pressoché gli stessi. Melanzane, zucchine, patate, peperone, cipolla, uovo. Il pane raffermo può servire da base, oppure diventare contenitore, non c’è una regola precisa a riguardo. Quella che preparavano i miei durante l’infanzia vedeva il pane alla base e poi su tutto il resto. Era importante che saziasse e non la presentazione. La preparava in casa mio papà oppure mia nonna”.

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Se ogni lucano che si rispetti, almeno una volta nella vita, la ciambotta l’ha mangiata a casa, al ristorante, fino a qualche anno fa, ha avuto difficoltà. Con un’inversione di tendenza, ora si punta alla riscoperta dei piatti tradizionali e di ciò che siamo stati.

“Oggi al ristorante si vuole fare un viaggio verso il passato e farlo attraverso il cibo è il modo migliore – dice Angelo – . Per questo ho creato un percorso che avesse al suo interno i piatti di casa nostra, che sia la ciambotta, l’ammollicato o fascina lucana, altri piatti adatti per raccontare la tradizione culinaria regionale, ma rielaborandola partendo dalle consistenze fino alla presentazione. Quindi il peperone diventa una spuma, poi c’è la classica dadolata di verdure, il pane diventa un crumble, le patate vengono fritte e assumono la croccantezza di una chips, la cipolla è caramellata per dare la giusta nota acidula che serve”.

E la proteina? “L’uovo non manca mai, è fondamentale nel piatto. Viene cotto a bassa temperatura e poi inserito in ultimo nel mix di verdure. Abbiamo reso il piatto pop, moderno direi. Questo è il messaggio da comunicare con la cucina”.

La ciambotta è un piatto icona della regione ed è diventato tale anche Al Baliaggio perché da 6 anni, chef Angelo lo mantiene in carta. “Sin dall’apertura il piatto è stato un successo, ma non è sempre stato come lo preparo oggi. Sono partito dall’idea di base, proprio come la facevano in casa i miei, quindi con il pane sul fondo, le chips e l’uovo al centro. Forse era un piatto più statico. Con il passare del tempo però, con uno studio ragionato sulle consistenze ho voluto ridare l’idea della zuppa, allora è cambiata anche la presentazione – continua lo chef – . Oggi la ciambotta la servo quasi come una zuppa contenuta in un uovo bianco. Il tableware è disegnato da Denny Muscatiello, artigiano di Venosa”.

Da Al Baliaggio l’invito è di mangiare il tutto a piene cucchiate, partendo dalla base proprio per non perdere nessuno dei sapori.

Provenienza della materia prima e cottura sono alla base della riuscita del piatto, dice chef Angelo. Per questo le verdure vengono selezionate dal piccolo contadino, facendo sinergia sociale e territoriale, nelle piccole comunità è ancora alla base di tutto. “Per preservare il massimo dei sapori e le proprietà nutraceutriche, lavoriamo seguendo la filosofia della cottura lenta e costante, mantenendo basse temperature”. Che sia questo un altro dei segreti del piatto lucano? Secondo lo chef sì.

La ciambotta oggi è quasi un segno distintivo di “lucanità” e cosa non può mancare ce lo dice lo chef. “Nel piatto non manca mai il ricordo di bambino, quel senso di cucina povera che abbiamo il dovere di non dimenticare e di tramandare”. Un concetto, quello di Angelo, che si sposa al rilancio di un territorio attraverso il cibo, veicolo pop per chi si vuole avventurare alla scoperta di mete meno blasonate da visitare, ma piene di sorprese che riempiono pancia e cuore.

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