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Epatologia in Campania: “Fegato crocevia della prevenzione” – Napoli Village


Le malattie epatiche rappresentano una sfida cruciale per la salute pubblica e possono essere prevenute attraverso interventi mirati fin dalla giovane età.

LA CAMPANIA
La Campania, da questo punto di vista, paga storicamente un prezzo altissimo alle malattie del fegato: 1.800 decessi l’anno per cirrosi epatica e/o tumore al fegato, 1.200 nuovi casi di tumore al fegato nel solo 2021 e 73 milioni di euro spesi per la sola assistenza ospedaliera sono alcuni dei dati più significativi che riguardano la regione. Di questo e di altro si parlerà durante la dodicesima edizione del corso di aggiornamento “L’epatologia nel terzo millennio”, promosso dall’ospedale evangelico Betania, responsabile scientifico Ernesto Claar, in programma venerdì 29 e sabato 30 novembre presso l’Archivio di Stato di Napoli.

“Il focus di quest’anno è ancor più multidisciplinare – chiarisce Claar, direttore dell’Unità Operativa di Epatologia dell’Ospedale Evangelico Betania – sempre nell’ottica di divulgare il progresso scientifico e l’avanzamento tecnologico in epatologia e far comprendere quanto le malattie epatiche rappresentino una sfida cruciale per la salute pubblica e possono essere oggetto di prevenzione fin dalla giovane età”.

IL CONVEGNO
Esperti da tutti Italia si confronteranno sulle ultime novità in materia attraverso le sessioni del corso: dalla programmazione sanitaria all’importanza dell’alimentazione, dagli effetti dell’alcol alle terapie in essere.
Intercettare precocemente il paziente con malattia di fegato potenzialmente evolutiva, significa infatti ridurre la mortalità generale e riuscire ad applicare cure (antivirali, antidiabetici, immunosoppressori, etc.) nella finestra temporale in cui possono essere maggiormente efficaci.
In questa dodicesima edizione, si punta a diffondere la consapevolezza, soprattutto tra i più giovani, che intercettare la malattia di fegato negli stadi iniziali può fare la differenza e ridurre il prezzo sociale ed economico che, ogni anno, il Sistema Sanitario Nazionale e la Regione Campania pagano. In tal senso, sono disponibili algoritmi diagnostici utili ad anticipare la diagnosi e modificare la progressione di malattie fino a ieri inesorabilmente evolutive. Una delle principali cause di epatopatia rimangono i virus epatitici (epatite B, epatite C, epatite D) per i quali abbiamo terapie straordinariamente efficaci, ma è indispensabile anche prevenirne la diffusione.

LA CAMPANIA
“La Campania – spiega l’epidemiologo Mario Fusco – presenta un tasso di tumori epatici primitivi (standardizzato per 100mila abitanti) più alto di alcuni punti rispetto al dato nazionale, sia nei maschi che nelle femmine, ma il trend temporale di incidenza dal 2010 al 2024 è in costante diminuzione. E sta diminuendo anche la mobilità passiva, che per la chirurgia è passata dal 37,8% del triennio 2017-2019, al 29,8% nel 2022”.
Per mobilità passiva si intende l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini in Regione diversa da quella di residenza.

LE MALATTIE
La vera epidemia del terzo millennio è inoltre la malattia da fegato grasso (steatosi epatica) associata alla sindrome metabolica (obesità, diabete, alterato assetto lipidico); il 65% dei diabetici e l’80% degli obesi ha “malattia da fegato grasso” che, troppe volte, evolve inconsapevolmente in cirrosi epatica oppure in tumore al fegato.
Il soggetto affetto da steatosi epatica con infiammazione (steatoepatite) ha un rischio cardiovascolare ed un rischio di sviluppare tumore al fegato enormemente più alto. La mancata consapevolezza dei danni procurati dall’alcol rischia di produrre danni irreparabili.

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L’ALCOL
Per l’alcol non esiste una quantità minima consentita; andrebbe semplicemente evitato. Il fegato riesce a metabolizzare non più di mezzo bicchiere di vino ogni ora; a maggior ragione il consumo smodato e concentrato in poco tempo (binge drinking) è particolarmente dannoso. L’alcol rompe il normale equilibrio tra morte e rigenerazione cellulare del fegato, producendo danni a lungo termine, di cui la prima espressione è la steatosi epatica. Il fegato, apparentemente resiliente, presenta il conto dopo anni di abusi.
Emanuele Scafato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol, Centro OMS per la ricerca sull’alcol spiega che “l’impatto dell’uso di alcolici in Italia determina costi sociali e sanitari che sono il frutto della diffusa disinformazione sui danni che l’uso di vino, birra, superalcolici, amari, qualunque bevanda alcolica causa in vaste fasce di consumatori, prevalentemente le più vulnerabili come i minori e gli adolescenti, i giovani, le donne e gli anziani. Degli 8 milioni circa di consumatori a rischio 1,3 milioni sono della fascia d’età tra gli 11 e i 24anno, di cui 650mila minori. Ben 2,5 milioni di donne e altrettanti anziani e anziane rappresentano lo zoccolo duro della prevenzione che manca. Il bere per ubriacarsi adottato da quasi 4 milioni di italiani causa il ricorso al pronto soccorso di 39mila persone, il 10 % rappresentato da minorenni. Questo è il fenomeno emblematico che connota il danno acuto del bere a cui si affiancano 770mila consumatori con profili di alcoldipendenza, consumatori dannosi che le strutture del sistema sanitario nazionale intercettano e curano solo nel 7 % dei casi”.

LA PREVENZIONE
Il medico di Medicina Generale deve essere messo in condizione di applicare algoritmi (Steatosis Associated Fibrosis Estimator) capaci di identificare precocemente soggetti a rischio di sviluppare malattia di fegato. Attraverso l’elaborazione di parametri semplici (età, peso corporeo, transaminasi, piastrine, presenza di diabete e globuline) è possibile identificare “automaticamente” il soggetto che merita valutazione specialistica. L’impegno deve coinvolgere istituzioni non solo sanitarie ma anche scolastiche ed educative. È fondamentale diffondere la consapevolezza che l’obesità infantile aumenta drammaticamente il rischio di sindrome metabolica in età adulta, con tutti i risvolti sulla compromissione della qualità della vita, su autostima, ansia, depressione e capacità di partecipare ad attività fisiche e sociali.
Non tutti i bambini obesi diventano adulti obesi ed è possibile mitigare il rischio attraverso stili di vita sani, l’adozione della dieta mediterranea, scoraggiare il consumo di alimenti ad alto contenuto calorico e grassi saturi, scoraggiare il consumo di alcol, stimolare l’attività sportiva. Indipendentemente dalla perdita di peso, l’esercizio fisico si associa ad una probabilità 3,5 volte maggiore di ridurre l’accumulo di grasso epatico.

L’IMPEGNO DELL’ORDINE DEI MEDICI

Sensibile a questi argomenti, la Commissione infanzia, famiglia, scuola dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Napoli, coordinata dalla consigliera Raffaella de Franchis, ha già realizzato un progetto dal titolo “La salute passa attraverso le immagini: un nuovo modello per divulgare la salute”. “Tale programma – spiega – ha l’ambizione di prevenire comportamenti a rischio su dipendenza da alcol, fumo, sostanze stupefacenti, obesità, anoressia e bulimia, bullismo, cyberbullismo e prevenzione di malattie sessualmente trasmesse”.
“Il progetto – aggiunge Bruno Zuccarelli, presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi ed Odontoiatri di Napoli – ha consentito la realizzazione di un protocollo d’intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale. Obiettivo dell’ordine è coinvolgere un numero sempre crescente di medici ed odontoiatri su tematiche di prevenzione attraverso la costante relazione medici/studenti”.



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