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«C’è anche domani», il film su Ennio Doris. Lina Tombolato: «La sua storia ci dice che i sogni si realizzano»


diStefano Righi

La vedova del fondatore di Banca Mediolanum ricorda i sessant’anni di vita con lui raccontati nel film biografico, in onda domenica 24 novembre su Canale 5

Estate del 1963, spiaggia di Jesolo. «Eravamo fidanzati, ci saremmo sposati tre anni più tardi. Io stavo al mare in vacanza con sua sorella. Ennio lavorava. Ma ogni fine settimana era lì, da me. Gino Paoli cantava Sapore di mare, divenne subito la nostra canzone». Parole e musica di Lina Tombolato. «Sono stata e sono tuttora una donna molto fortunata. Ho vissuto quasi sessant’anni a fianco di un uomo meraviglioso, Ennio Doris: quattro anni di fidanzamento, 55 di matrimonio. Una favola. Avevamo gli occhi che ci brillavano quando la sera parlavamo del nostro futuro e tutti noi, in famiglia, siamo ancora permeati della sua positività, della sua gioia di vivere. Sono passati tre anni, ma non lo sento lontano, è qui con noi, sempre vicinissimo».

Lina Tombolato, moglie di Ennio Doris, è uno dei principali personaggi del film C’è anche domani, che Canale 5 manderà in onda in prima serata il 24 novembre, giorno del terzo anniversario della scomparsa del fondatore di Banca Mediolanum. Non una agiografia ma un racconto, tratto dall’omonimo libro scritto dallo stesso Doris con Leopoldo Gasbarro (Mondadori, 2014), che parte dall’Italia dell’immediato dopoguerra e dalla miseria nera delle campagne venete in quell’epoca per arrivare alla realizzazione di un sogno di ricchezza e prosperità, che ha fatto di Mediolanum una delle realtà finanziarie più significative in Italia, prima interprete di un modo innovativo di declinare il ruolo di una banca.




















































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«Non cercavamo pubblicità» dice oggi la signora Tombolato riguardando il film. «Sono contenta di come il racconto presenta Ennio e la sua voglia di fare, il suo instancabile ottimismo e voglio ringraziare tutti gli attori, lo staff, il regista Giacomo Campiotti, perché è una testimonianza ben riuscita. Dirò di più: ha un forte valore educativo. Mi piacerebbe che, vedendolo, i ragazzi di oggi potessero immaginare il loro sogno di vita, perché questo film è proprio il racconto di un sogno che si realizza. Attraverso la fatica, l’impegno quotidiano, la grande determinazione, ma è il sogno di un uomo normale che sa immaginare e realizzare il futuro che vorrebbe. Per questo, a dicembre, proietteremo il film all’istituto Riccati-Luzzati di Treviso, dove mio marito si diplomò. E poi cercheremo di portarlo in giro per l’Italia, per diffondere tra i più giovani il messaggio di fede, fiducia e imprenditorialità che Ennio seppe portare avanti».

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La storia di Doris è nota e nell’ora e mezzo del film è ben condensata. Massimo Ghini e Lucrezia Lante Della Rovere interpretano la coppia Doris-Tombolato rimanendo fedeli all’understatement che l’ha caratterizzata. È una storia tipica degli anni del secondo dopoguerra italiano. Dopo il diploma in ragioneria Doris entra in banca il 1° settembre 1960. È il posto giusto per lui che, fin da piccolo, aveva dimostrato una straordinaria capacità nel governare e combinare i numeri. Alle elementari passava i compiti di matematica a tutta la classe, ma finì col farsi scoprire dalla maestra. In banca si trova subito a proprio agio, anche se poi la lascerà per diventare direttore generale di un importante polo meccanico della zona. Ma alla banca tornerà presto, evolvendo da sportellista verso quello che oggi si chiama wealth management e che allora, semplicemente, erano i risparmi messi da parte perché non si sa mai. Siamo alla fine degli anni Sessanta e Doris sbarca per la prima volta a Milano: è atteso all’Hotel Gallia, a fianco della Stazione Centrale, per un corso di formazione di Fideuram, i primi a parlare di fondi comuni di investimento nella Penisola.

L’episodio del falegname che affida nelle mani di Doris un assegno da 10 milioni di lire dicendo «Qui c’è la mia vita di lavoro», risulta esemplare di una straordinaria capacità di conquistare la fiducia dei propri clienti, facendosi carico delle loro attese e delle loro preoccupazioni. In questo Doris è stato maestro. All’epoca lavorava per Dival, la società di gestione del risparmio del gruppo Ras, oggi Allianz. Fu lì, battendo metro per metro la campagna veneta, che maturò la convinzione che ci sarebbe potuto essere, in Italia, lo spazio necessario per sviluppare un’industria nuova, quella del risparmio gestito, che se oggi è capace di sviluppare masse di denaro che hanno superato i 2.400 miliardi di euro, all’epoca era soltanto uno sguardo sui mercati più evoluti, quelli dei grandi paesi industrializzati, club al quale l’Italia si era appena iscritta.

La molla che avrebbe spinto Doris si caricò il giorno in cui si presentò al suo capo di allora a bordo di una Fiat 850 di colore blu. Scese da quella che era la sua prima auto e salì al fianco del suo capo, su una lussuosa Citroen Pallas. Era quella l’auto che voleva, la vita che voleva. Ci arrivò attraversando la Piazzetta di Portofino, anno 1981. È lì che Doris incontra per la prima volta Silvio Berlusconi, da poco finito sulla copertina del mensile Capital, come esempio della nuova imprenditoria finanziaria italiana. In quel servizio Berlusconi lanciava un messaggio agli imprenditori: se avete buone idee portatemele, diventeremo soci. Fu quello che fece Doris, che si presentò in maniera spavalda al futuro presidente del Consiglio riuscendo a convincerlo, in poche settimane, a fondare una società che si occupasse di risparmio. 

Stava nascendo Programma Italia, che solo nel 1997 diventerà Banca Mediolanum. Oggi il gruppo è quotato alla Borsa di Milano e vale circa 8,5 miliardi di euro. Nei primi nove mesi del 2024 ha realizzato utili netti per 674 milioni e basa la propria forza sull’attività di più di 4 mila family banker. Una storia di successo come, fortunatamente, ce ne sono molte in Italia. Qui però è il caso di evidenziare una sostanziale differenza. Lavorando nel campo degli investimenti, i rovesci finanziari sono essi stessi parte del gioco. Tanto che nessuno ha mai rimborsato alcunché. Solo Banca Mediolanum, quando nel settembre 2008 il colosso americano Lehman Brothers fallì, bruciando miliardi di dollari anche di risparmiatori italiani, mise mano al portafoglio rimborsando integralmente tutte le perdite subite dalla clientela.

Lina Tombolato, per molti anni e probabilmente ancora, è stata la donna titolare della maggior ricchezza diretta in Piazza degli Affari. Fino alla scomparsa del marito si dividevano in quote uguali il ruolo di primo azionista della banca, tenendo – unico caso – Silvio Berlusconi in minoranza. «Sinceramente non so se queste cose che si dicono sulla mia ricchezza siano vere. Non ci ho mai fatto caso. Ho sempre preferito stare vicino a mio marito, rimanendo però un passo indietro. Ringrazio il buon Dio per tutto quello che è successo. Ricordo bene quando siamo partiti: sono stata io la prima segretaria di Ennio, quando non aveva i soldi per permettersene una. C’ero solo io, con lui, quando andava a fare il reclutamento dei nuovi agenti. Ancora oggi, quando mi capita di andare in giro per le città italiane, la prima tappa che faccio è sempre dentro un ufficio Mediolanum, saluto i collaboratori, sono vicina a loro, condivido le loro emozioni, proprio come ha fatto Ennio per anni. Così come, quando partecipo alle convention aziendali e mi viene data l’opportunità di parlare, dico sempre ai nostri quasi cinquemila agenti che io c’ero quando è stato reclutato il primo di tutti loro». Il segno della continuità, che ha nei figli Massimo e Sara la declinazione del futuro.

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