Non c’è pace per la Sma. Dopo la notifica della conclusione di un’indagine della magistratura inquirente contabile sulle spese pazze effettuate da alcuni dirigenti, spunta un nuovo filone investigativo: quello che cerca di far luce su un presunta frode nella gestione dei contratti di prestito e di cessione del quinto stipendio per i dipendenti della ex “Campania Ambiente Servizi”, società poi inglobata nel 2021 – con l’obiettivo di questa fusione è creare un unico soggetto “in house” che possa ottimizzare le risorse e garantire una maggiore efficienza ed efficacia dei servizi ambientali. da parte della Sma.
Il fascicolo
Una vicenda intricata, sulla quale la Procura presso la Corte dei Conti della Campania ha di recente acceso i riflettori. Senza entrare nel merito delle indagini in corso, delegate al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, è possibile tuttavia delineare il quadro in cui sarebbero maturate irregolarità contabili e amministrative.
I fatti risalgono ad alcuni anni fa, quando l’allora presidente della Sma, Tommaso Sodano, notò alcune anomalie nella gestione dei contratti di prestito finanziario sottoscritti da numerosi dipendenti per ottenere somme di denaro. La procedura vuole che, soprattutto per somme ingenti, la società erogatrice del prestito chiede una sorta di garanzia all’azienda presso la quale quegli impiegati lavorano.
Ed è esattamente quello che è poi accaduto attraverso la formula della cessione del quinto dello stipendio: una tipologia di finanziamento per i dipendenti a tassi agevolati che prevede la restituzione del prestito tramite trattenute mensili in busta paga non superiori a un quinto della busta paga. Tutto chiaro? Ma neanche per sogno: perché nel verificare la regolarità dei bilanci Sodano si accorge che qualcosa non quadra, e i suoi sospetti aumentano quando alcune finanziarie che hanno anticipato somme per centinaia e centinaia di migliaia di euro battono cassa, non avendo ricevuto un centesimo di rimborso.
Le ombre
A quel punto, diligentemente, l’ex presidente della Sma – che nel frattempo ha incorporato la “Campania Ambiente Servizi” segnala il caso ai pm della magistratura contabile. Come mai gli importi dovuti in restituzione alle somme erogate dalle finanziarie non sono mai arrivati?
Qui le ipotesi non possono che essere due. La prima: i soldi anticipati con la formula della cessione del quinto venivano trattenuti dalle buste paga dei dipendenti; o – scenario decisamente ancora più grave – quegli importi non venivano trattenuti, il che potrebbe indurre a immaginare un accordo fraudolento con gli stessi dipendenti.
Siamo ovviamente nel campo delle ipotesi, e si dovrà attendere la conclusione delle indagini disposte dai viceprocuratori generali della Corte dei Conti Ferruccio Capalbo e Raffaella Miranda. I quali hanno disposto l’acquisizione di una dettagliata ed esaustiva relazione tecnico-informativa dalla Sma e la trasmissione di tutti i documenti idonei a verificare i presupposti di una condotta fraudolenta.
Nella bufera
Una nuova tegola sulla società nata nel 2001, con una partecipazione del 49 per cento da parte della Regione Campania e del 51 da parte del gruppo Intini, un’impresa attiva nel settore ambientale.
Risale solo a qualche giorno fa “l’invito a dedurre” notificato dai pm diretti dal procuratore Antonio Giuseppone a nove tra amministratori e funzionari della Sma nell’ambito di un’altra inchiesta che ipotizza spese allegre e folli nei conti della società. Abbonamenti mensili a servizi di streaming musicale e spese su Amazon, anche alle due di notte, utilizzando le carte di credito istituite per gli acquisti urgenti della Sma Campania Spa, società in-house della Regione che si occupa, tra l’altro, di ambiente, prevenzione incendi e di depurazione. La Procura contabile contesta uno sperpero di fondi da oltre 5,7 milioni di euro gli anni che vanno dal 2012 al 2022. Poi ci sono i capitoli delle progressioni di carriera del personale delle strutture territoriali senza alcuna selezione tra i dipendenti meritevoli, e quello relativo alla concessione immotivata e indebita di aumenti di stipendio, attraverso i cosiddetti “superminimi”.
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