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I falsi nel lusso (e i vini di pregio taroccati), con One-ID la rivoluzione italiana contro la contraffazione


di
Laura Magna

Un sistema che promette di blindare dal produttore al consumatore i «pleasure asset», sempre più apprezzati da investitori e amatori. Nata dall’idea dell’imprenditore Stefano Di Benedetto, questa tecnologia unisce tracciabilità, autenticità e tutela del marchio e può contribuire a sgominare un mercato del falso che vale oltre 500 miliardi di dollari.

La contraffazione colpisce duro il mercato dei beni di lusso. Spesso con organizzazioni complesse e capillari, come dimostra la cronaca. È appena di un mese fa la notizia di un’operazione condotta dai Carabinieri per la Tutela della Salute di Torino in collaborazione con Europol e le Procure italiane e francesi, in cui è stata smantellata una banda che, con un’organizzazione transnazionale, riproduceva vini di pregio, venduti a ignari commercianti per cifre che potevano toccare i 15.000 euro a bottiglia. Sei mandati di arresto europei, 16 perquisizioni, sequestri di etichette, bottiglie falsificate e dispositivi informatici è il bilancio.

I numeri della contraffazione

Il fenomeno della contraffazione dei beni di lusso – di cui il vino è solo la punta dell’iceberg – è davvero molto esteso. Secondo le stime, nel 2023 le contraffazioni rappresentavano il 3,3% del commercio globale e nel 2030 saliranno al 5%.
Nel 2022, l’attività economica complessivamente dispersa dalla contraffazione – vale a dire il costo per i marchi e i produttori – ammontava a 1,02 trilioni di euro, con una perdita di 162 miliardi di euro per il gettito fiscale delle vendite a livello mondiale e un impatto su 5,4 milioni di posti di lavoro. Nel settore vinicolo, i numeri cinesi sono impressionanti: si stima che vengano vendute 30.000 bottiglie contraffatte ogni ora. Ma non sono solo i grandi marchi a soffrirne: anche etichette di fascia media subiscono gravi danni.




















































La tecnologia come risposta: nasce One-ID

Come ci si protegge da tutti questi rischi? Con la tecnologia. E in particolare con un device, tutto italiano, che promette di identificare dal produttore al consumatore ciascuna bottiglia – ma anche orologi, quadri e altri beni fisici – in maniera inequivocabile.
Si chiama One-ID, ed è un sigillo speciale ideato nel 2022 da Stefano Di Benedetto, esperto di packaging e stampa e CEO di Europrint, società nel settore della tipografia con sede a Castagneto, nel Cuneese.
«Nell’ultimo anno solare abbiamo investito 250 mila euro nel progetto – dice Di Benedetto al Corriere della Sera – tra i miei clienti ho soprattutto cantine e l’idea di One-ID nasce proprio dalla richiesta di un produttore di Barolo, stavo guardando alla tecnologia Nft ma alla fine sarebbe raddoppiato il costo delle etichette senza garanzie in termini di anti contraffazione».

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Come funziona One-ID

Alla fine, per superare i limiti insiti nelle tecnologie Nft, Di Benedetto ha trovato un modo per associare un dato metafisico univoco, che è un QR code o un data matrix, a un dato fisico univoco legato al singolo bene.
Un’innovazione dirompente che prossimamente otterrà anche il brevetto. “Il QR code è nome e cognome del prodotto – spiega l’imprenditore – Sul bene, che sia una bottiglia o un rolex, creiamo con un sistema di incisione a laser un logo unico, variabile millimetricamente nelle dimensioni. Inoltre, il sistema tiene conto della variabilità dimensionale causata dal materiale che contiene il prodotto (vetro, ceramica, acciaio, legno, cartone), che presenta naturalmente imperfezioni e differenze.
Queste, unite alle variazioni introdotte dallo strumento che esegue l’incisione, rendono impossibile la replica precisa del singolo prodotto.
Insomma una vera e propria carta di identità per ciascun pezzo del prodotto e uno strumento che ha applicazioni anche diverse dall’anti contraffazione.
«Nella stessa stazione di confezionamento c’è un visore che memorizza le misure e le unisce a nome e cognome (ovvero al QR) dell’oggetto: i dati vengono combinati tramite un software proprietario che memorizza e gestisce tutte le informazioni sui server del gruppo, appoggiandosi a infrastrutture sicure come Amazon Web Services. Non ci limitiamo a etichette o chip, ma creiamo una vera impronta digitale per ogni prodotto», sottolinea Di Benedetto.

Più di un’anticontroffazione: il potenziale di One-ID

«Una volta in cloud questa impronta poi consente di fare altre cose, in particolare il magazzino con il controllo costante delle giacenze; la tracciabilità con la geolocalizzazione, per capire dove e quando è stato venduto e poi si arriva allo step più evoluto che è l’anticontraffazione». La struttura flessibile dell’offerta consente alle aziende di implementare gradualmente le funzioni necessarie, partendo da un pacchetto base fino a soluzioni più complesse.

Infalsificabilità: la chiave del successo

La vera novità di One-ID sta nella sua infalsificabilità. «Per verificare l’autenticità non devo fare altro che scansionare il QR code o data matrix e richiamare nome e cognome della bottiglia o dell’orologio. A quel punto, compariranno le caratteristiche del marker univoco, che confronterò attraverso il visore sul bene stesso». 
Il QR code che è su un’etichetta è facilmente riproducibile. Così come sono aggirabili altri sistemi palliativi in uso, come l’inchiostro nascosto o codici alfanumerici stampati sulle bottiglie che però sono visibili.
«In Francia iniziano a essere prodotte etichette arricchite da NFC, ma anche quei circuiti elettronici sono replicabili. Se devo ricreare l’incisione al decimo di millimetro del singolo logo (di cui non conosco peraltro i dettagli) e associarla al prodotto, la cosa si complica».
O meglio, al momento One-ID offre un sistema integrato che rende la falsificazione praticamente impossibile, garantendo autenticità e valore dal produttore al consumatore.

Una svolta per il mercato del lusso

La sua adozione su larga scala potrebbe rappresentare una svolta per il mercato del lusso. Perché oltre a proteggere i prodotti, rafforzerebbe la reputazione dei brand e ridurrebbe i costi legati alle indagini contro i falsi.
«La brand reputation non è solo un valore astratto, ma una leva di attrazione per nuovi clienti e fedeltà per quelli esistenti», conclude Di Benedetto.

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