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Medio Oriente: la rinascita delle vittime di guerra in Giordania


«L’arte è una forma unica di linguaggio che parla direttamente alla psiche umana. Trascende le parole, attingendo a emozioni, istinti e strati subconsci della mente. Riesce a comunicare in modi profondamente personali ma universalmente risonanti, colmando il divario tra esperienza individuale e comprensione collettiva» così Rehab Eldalil, pluripremiata fotografa documentarista egiziana, illustra l’obiettivo della mostra fotografica “From the Ashes, I Rose من الرماد نهضت – Un viaggio nell’ospedale di Medici Senza Frontiere in Giordania”.

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La mostra “From the Ashes, I Rose”

Realizzata in collaborazione con il festival di fotografia “Cortona On The Move”, con il patrocinio del Comune di Milano e curata da Paolo Woods e Kublaiklan, in esposizione dal 22 novembre al 1 dicembre nella Sala Colonne della Fabbrica del Vapore di Milano, la mostra tratteggia le storie di alcuni feriti dei conflitti in Medio Oriente, ricoverati nell’ospedale di chirurgia ricostruttiva di MSF, attivo dal 2006 ad Amman.

L’umanità dei pazienti ritratti

“Dalle ceneri sono risorto” è il titolo scelto da Eldalil, ispirata dalla resistenza di pazienti che hanno attraversato l’inferno, ma, nonostante i limiti fisici imposti da amputazioni o gravi ustioni, sono rinati traendo forza dalle orribili violenze vissute.

«Non mi sono concentrata intenzionalmente sulle ferite dei pazienti – spiega – ci tengo che il pubblico scorga l’umanità, prima di percepire le cicatrici del soggetto ritratto. Desidero stabilire una connessione empatica prima di far apprendere le esperienze traumatiche dei pazienti. Così annullo la distanza e gli stereotipi costruiti da narrazioni lunghe decenni».

Nello spazio espositivo si susseguono 18 fotografie, 27 polaroid con gli interventi artistici dei pazienti e 7 disegni sotto forma di sfondi. I protagonisti, tra i 5 e i 56 anni, provengono da Palestina, Yemen, Siria e Iraq.

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Il connubio tra arte e salute mentale

Aisha@Rehab Eldalil_MSF

«Avrei potuto essere facilmente al posto loro, rischio di esserlo in futuro, a causa dell’escalation della guerra. In queste immagini scorgo ogni persona a me cara» dice la giovane fotografa.

Affiancata dal Dipartimento di salute mentale dell’ospedale MSF di Amman, è entrata in sintonia con ogni paziente, ha sfiorato le loro esistenze, il passato e le passioni di ognuno per poi chiedere la loro approvazione per far parte di questo progetto artistico, ma soprattutto umano.

Fondamentale in questa fase il supporto di Davide Musardo, coordinatore dei progetti di salute mentale di MSF in Medioriente. «Nel corso della nostra esperienza – afferma – ci siamo resi conto che i nostri pazienti sentono la necessità di condividere quello che è successo loro. Purtroppo, in condizioni di gravi disagio, anche lamentarsi o raccontare la propria storia è un privilegio che non tutti possono avere. Dare voce al dolore traumatico e alla preoccupazione, in uno spazio protetto di accoglienza, ha offerto ai nostri pazienti non solo l’opportunità di testimoniare i loro vissuti, ma anche di poterli toccare, affrontare, accettare e darne valore».

La fotografia, uno strumento potente e riflessivo

Quotidianamente il team di Medici Senza Frontiere, oltre al percorso di riabilitazione fisica, è impegnato anche nella tutela della salute mentale, spesso dimenticata dinanzi all’urgenza di curare ferite del corpo. Come sottolinea Musardo, «la fotografia è uno strumento potente e riflessivo che può aiutare a raccontarsi, ad osservarsi da una prospettiva diversa. I nostri pazienti sono un esempio di resilienza, un germoglio di umanità in questi anni bui e violenti segnati da conflitti».

Tra l’altro, i pazienti dell’ospedale MSF di Amman – che garantisce cure gratuite a centinaia di adulti e minori con complessi traumi fisici e ustioni gravi – sono parte attiva dell’esposizione di  Rehab Eldalil. Non si tratta, quindi, di una classica mostra fotografica, bensì di un progetto artistico con diverse forme espressive.

La tecnica psicologica-riabilitativa del diamond painting

Accanto a ogni foto c’è una firma speciale del paziente ritratto, una poesia o un lavoro artigianale, come disegni e scatti istantanei arricchiti con il diamond painting, tecnica terapeutica psicologico-riabilitativa efficace per alleviare lo stress, utilizzata dal team di MSF ad Amman.

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«L’art-therapy, semplice e ripetitiva, – spiega lo psicologo MSF – genera benefici anche per la piena espressione di sé attraverso la creatività artistica. Il costante utilizzo delle attività di precisione aiuta ad esercitare e potenziare le abilità dell’individuo, anche quando risultano gravemente compromesse dal trauma».

C’è chi ha scelto di contribuire con la pittura a diamante, ovvero la tecnica che prevede piccole perle incollate tra loro per formare un mosaico attorno alle fotografie. I bambini, invece, hanno preferito disegnare sé stessi nelle vesti di supereroi.

«A comprovare il potere di questo progetto è la storia di Sabrine, giovane irachena. Rimasta gravemente ferita al volto a causa di un’esplosione, si è rifiutata di farsi fotografare senza maschera. Tuttavia, quando le ho proposto di nascondere il suo viso con la pittura a diamante, per la prima volta ha mostrato con orgoglio la sua identità» ricorda Eldalil.

Testimonianza di umanità in un tempo di grandi avversità

Mostrando gli effetti devastanti dei conflitti armati sui civili da una prospettiva di rinascita e non di sofferenza, i protagonisti della mostra rappresentano simboli di resilienza nonché una testimonianza di umanità in un tempo di grandi avversità.

«Purtroppo, tante persone in Europa credono che queste guerre siano lontane dalla loro realtà. Non è affatto così, lo dimostra la cronaca quotidiana. Nel nostro piccolo, intendiamo contribuire sostenendo una narrazione più umanizzata delle popolazioni del Medio Oriente» chiosano all’unisono la fotografa e il responsabile MSF, dimostrando come sono riusciti a “ricucire” le vite di questi pazienti in quello che è diventato un luogo di rinascita, non soltanto di cura.

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA





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