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Mandati di arresto della CPI per Netanyahu e Gallant: reazioni contrastanti in Europa


(AGENPARL) – Roma, 22 Novembre 2024

La decisione della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant ha generato risposte divergenti tra le nazioni europee. Pur riaffermando il rispetto per l’indipendenza della CPI, le reazioni variano in tono e approccio, riflettendo posizioni divergenti sul conflitto israelo-palestinese e sull’applicazione della giustizia internazionale.

La decisione della CPI

I mandati di arresto sono stati emessi giovedì, in risposta alle azioni di Israele nei territori palestinesi, in particolare a Gaza, dove l’offensiva militare ha causato la morte di circa 44.000 palestinesi, tra cui donne e bambini, e ha ferito oltre 103.000 persone. La CPI accusa Netanyahu e Gallant di crimini di guerra, segnando una svolta epocale nel tentativo di attribuire responsabilità legali per le violenze nella regione.

Sostegno europeo alla CPI

Molti leader europei hanno accolto la decisione della CPI come un passo necessario per garantire giustizia. Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, ha ribadito che i mandati di arresto non hanno motivazioni politiche e ha sottolineato l’importanza di rispettare le decisioni della Corte.

Il primo ministro irlandese Simon Harris ha definito i mandati “un passo significativo”, sollecitando la cooperazione internazionale per permettere alla CPI di proseguire il suo lavoro senza ostacoli. In Spagna, il secondo vicepresidente Yolanda Díaz ha espresso un forte sostegno, dichiarando che il genocidio palestinese non può restare impunito e confermando il sostegno del governo alla giustizia internazionale.

Analogamente, il ministro degli Esteri svedese Maria Malmer Stenergard ha ribadito l’impegno della Svezia a favore dell’indipendenza della CPI, mentre l’Ufficio federale di giustizia svizzero ha promesso collaborazione con la Corte, impegnandosi ad arrestare ed estradare Netanyahu o Gallant qualora entrassero nel territorio svizzero.

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Anche i Paesi Bassi hanno riaffermato il rispetto per l’indipendenza della CPI, con il ministro degli Esteri Caspar Veldkamp che ha dichiarato che il governo olandese agirà in conformità con i mandati, evitando contatti non essenziali con le persone coinvolte.

Critiche e riserve

Alcuni Paesi europei hanno espresso perplessità o opposizione alla decisione della CPI. Il ministro degli Esteri austriaco Alexander Schallenberg ha descritto i mandati come “incomprensibili e ridicoli”, pur riconoscendo l’obbligo legale dell’Austria di attuarli. La Francia, tramite il portavoce del Ministero degli Esteri Christophe Lemoine, ha evidenziato la complessità legale dell’attuazione dei mandati, astenendosi da un impegno esplicito sull’arresto di Netanyahu e Gallant.

In Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato la necessità di coordinarsi con gli alleati per interpretare la decisione, ribadendo il sostegno italiano al ruolo giuridico della CPI ma mantenendo un approccio prudente.

Anche il Regno Unito ha assunto una posizione ambivalente. Un portavoce del primo ministro Keir Starmer ha dichiarato rispetto per l’indipendenza della CPI, ma non ha confermato l’intenzione di rispettare i mandati. Amnesty International UK ha invitato il governo britannico a sostenere “inequivocabilmente” la decisione della Corte, sottolineando l’importanza di mantenere gli impegni verso la giustizia internazionale.

Un passo verso la giustizia o una mossa divisiva?

La decisione della CPI segna un momento cruciale nella lotta per i diritti umani e la giustizia internazionale. Mentre molti Paesi europei vedono nei mandati di arresto una conferma dell’impegno a favore del diritto internazionale, altri sollevano preoccupazioni politiche e legali che potrebbero complicarne l’attuazione. In ogni caso, la mossa della CPI sottolinea la crescente pressione internazionale per affrontare le responsabilità legate al conflitto israelo-palestinese, ponendo interrogativi sul futuro della giustizia globale e delle relazioni internazionali.



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