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In Sardegna l’unico fiume navigabile è a rischio alluvione (con la diga che aspetta il collaudo da 60 anni)


Il fiume Temo è l’unico fiume navigabile in Sardegna e attraversa il borgo colorato di Bosa. Il fiume è punto d’approdo di barche e pescherecci paesani, gommoni e battelli turistici. Durante la festa di Regnos Altos, tradizionalmente celebrata la prima domenica di settembre, ma anche durante quella di Stella Maris, ad agosto, le barche affollano il letto del fiume che scorre placido e il corso acciottolato viene percorso con calma da una processione vivace. A volte le imbarcazioni turistiche (ma non solo) si spingono dopo il Ponte vecchio, lasciando alla sinistra la Cattedrale in maiolica e a destra le campagne dei lavoratori, con le mucche che ti salutano ruminando. Tutto questo potrebbe diventare solo un lontano ricordo. La cittadina di Bosa è da sempre, da quando si conosce la sua storia, colpita da inondazioni più o meno distruttive. Un problema che ancora oggi nel 2024 non trova soluzione.

La manutenzione

Un tesoro culturale e paesaggistico che rischia di non essere più percorso. La manutenzione nell’unico fiume navigabile in Sardegna si può dire ormai assente. Il fiume Temo non viene manutenuto da circa 20 anni, dal 2004 (che per collocarlo temporalmente è l’anno in cui Roberto Baggio saluta i suoi fan e decide di porre fine alla sua carriera). Sembra passata davvero una vita.

Sul fondo dell’unico fiume navigabile dell’isola ci sono anni di sedimenti che non permettono – se non per un breve tratto, dalla foce al Ponte vecchio – il passaggio di natanti e imbarcazioni più grandi. Sedimenti che faticano ad arrivare a foce naturalmente, ecco perché è necessaria la manutenzione ordinaria. Una dimenticanza che costa cara allo sviluppo culturale e turistico del paese: si potrebbe perdere una festa che ha come suggestione principale proprio il trasporto in barca fino alla chiesa di San Pietro Extramuros (altro piccolo gioello architettonico bosano) di una statua cristiana.

Oggi, l’assenza di interventi di manutenzione sta avendo gravi conseguenze e il sistema di raccolta delle acque piovane, che in passato era stato concepito per gestire le acque del fiume e dei suoi affluenti, si è rivelato insufficiente condannando il paese a continui allagamenti e danni economici. Il malfunzionamento delle paratie ai lati del fiume da una parte e il continuo sottovalutare la manutenzione dei canali tombati degli affluenti dall’altra. 

Un po’ di contesto 

La storia di questo fiume è poco documentata, non c’è un vero e proprio archivio. Il Temo nasce a circa 450 metri di altitudine dal Monte Calighe, nel territorio di Villanova Monteleone, e attraversa la valle prima di sfociare nel Mar di Sardegna dopo un percorso di circa 55 chilometri.

Il Temo ha rappresentato per secoli una risorsa importantissima per le popolazioni locali. Le sue rive erano abitate già in epoca preistorica, come testimoniano i siti archeologici presenti nella valle. Durante l’epoca romana, il fiume fu utilizzato per il trasporto fluviale e come via commerciale per collegare l’entroterra alla costa.  

Durante il Rinascimento, il fiume alimentava mulini, concerie e attività artigianali che resero la città famosa in tutto il mondo per la lavorazione delle pelli. Ancora oggi, le antiche concerie lungo le sue rive, note come “Sas Conzas”, sono una testimonianza di questo passato industriale e rappresentano un importante patrimonio storico-culturale. Il fiume Temo ha subito nel corso dei secoli modifiche che ne hanno compromesso la funzionalità, creando un problema strutturale che ancora oggi non è stato risolto.

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Primi interventi

Il fiume Temo è posto al centro di un’ampia vallata circondata da monti, se non per un solo tratto che gli permette di sfociare nel mare. Come ogni fiume ha anche dei piccoli affluenti o torrenti che tutt’intorno lo circondano e che, durante le piogge, come naturalmente succede, si ingrossano. Il problema delle inondazioni e degli allagamenti sembra avere origine – le informazioni sono frammentate – nel XVI secolo. In questi anni è l’uomo che inizia a modificare quello che è il regolare corso del fiume: nel 1528, la prima grande modifica fu quella dell’ostruzione della foce per scongiurare il passaggio delle flotte francesi che volevano impadronirsi dell’importante paese commerciale. 

Andando oltre le riflessioni di carattere storico, questa modifica ha fatto sì che il deflusso dell’acqua diminuisse e che i sedimenti si accumulassero più velocemente. In quel periodo è la strada provinciale – chiamata S’Istagnone – a finire sott’acqua ogni due per tre.

Salto temporale

Il territorio comunale di Bosa, soprattutto nel centro abitato, è stato colpito più volte nel corso degli anni da eventi alluvionali di diversa intensità. Oltre ai danni limitati all’area rurale, le inondazioni hanno causato gravi conseguenze soprattutto nel centro urbano. Un problema con cui Bosa lotta ancora adesso. Date le informazioni spezzettate, le inondazioni certe e datate sono quelle del ‘900. Le inondazioni più vicine a livello temporale sono da collocarsi nel 1991. Più precisamente nell’aprile, nel settembre e nel novembre 1991. Secondo l’archivio del Sistema Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche (SICI), sviluppato dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI), tra il 1928 e il 2000 si sono verificati complessivamente 53 episodi. Negli anni duemila, invece, i fenomeni non fanno che avvicendarsi prima ogni cinque anni, e ora ogni due, quasi puntuali come un orologio svizzero.

La diga costruita ma non collaudata 

Il Temo ha una diga: la diga di Monte Crispu. Ma, nonostante la sua importanza e il lungo percorso progettuale e costruttivo, l’opera non è ancora stata ufficialmente collaudata, sollevando interrogativi sulla piena efficienza e sicurezza della struttura. La progettazione fu affidata agli ingegneri tra il 1955 e il 1959, che realizzarono il progetto della diga e dello scarico di fondo principale, terminando i lavori nel 1961 dalla SA.F.I.E. Spa di Milano.

Diga di Monte Crispu - fonte Enas sardegna

La diga, una struttura a gravità in calcestruzzo, sbarra il corso del fiume Temo nella località Monte Crispu, creando un bacino artificiale di grande importanza per il territorio. Le sue principali funzioni includono la laminazione delle piene, regolando il flusso idrico del Temo, mitigando il rischio di inondazioni a valle in particolare per il centro abitato di Bosa e la gestione idrica. Il bacino è destinato al rifornimento di acqua per usi agricoli e potabili. Nonostante il completamento della diga oltre 60 anni fa, il collaudo dell’opera è ancora in corso.

La mancata conclusione delle procedure di collaudo solleva dubbi sulla capacità della diga di gestire al meglio eventi eccezionali, come piene straordinarie o condizioni di emergenza. E’ noto lo straripamento del fiume proprio dalla diga. Si parla del novembre del 2022 quando, appunto, il fiume Temo è esondato dalla Diga Santu Crispu ed è arrivato fino al centro abitato, provocando evacuazioni e tanta paura. 

Esondazione Diga novembre 2022 (qui Ponte Vecchio)

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Un altra diga importante dal punto di vista alluvionale e di sedimenti è quella costruita nel 2004 – è una data che ritorna – alla foce di Bosa. La diga in questione viene detta “foranea”, un grande braccio artificiale di massi, esteso per 500 metri con un andamento arcuato dall’estremità di Poggiu ’e Columbo verso l’Isola Rossa (Torre Aragonese). Questa struttura, nel progetto, è stata costruita a scopo protettivo contro le mareggiate di maestrale, creando una zona di calma tra la foce naturale, ampliata rimuovendo il monolite roccioso di Capu D’Aspu, e, appunto, la diga foranea. La necessità di intervenire si manifesta chiaramente nei primi anni ’90, quando un’ondata di piena del fiume Temo mobilita le strutture di protezione civile comunali e regionali. Da qui prende avvio un piano articolato su più fronti. A monte, viene prevista la sistemazione delle paratoie nello scarico di fondo della diga di Monte Crispu, il cui invaso però è ancora privo di collaudo. A valle, si pianifica la costruzione di argini più alti nelle aree di Sas Conzas e lungo i Lungotemo De Gasperi e Amendola. Inoltre, garantisce un migliore deflusso del fiume attraverso una nuova foce artificiale. L’opera, realizzata grazie ai fondi del Piano Integrato d’Area Marghine-Planargia, ha richiesto un investimento complessivo di oltre 19milioni di euro. La costruzione, collegata all’assenza di manutenzione ordinaria, non ha fatto altro che velocizzare il processo di deposito di sedimenti in fondo al fiume.

Adesso c’è da tener conto un altro fattore: il cambiamento climatico. L’alternanza tra siccità e piogge intense rende ancora più urgente una gestione efficiente del bacino. Ed è qui che si pone un progetto di diga tra Pozzomaggiore e Padria che potrebbe risolvere il problema dell’acqua: la diga di Badu Crabolu. Ne ha parlato a SassariToday il Presidente Anbi Gavino Zirattu in quest’intervista. Un progetto di diga di breve costruzione, si parla di 5/6 anni al massimo al costo irrisorio (per la costruzione di una diga). 

I canali tombati

Come descritto, Bosa è posta in una valle circondata da monti. Ogni monte ha almeno uno o due affluenti (rii o torrenti) più piccoli. Questi affluenti quando arrivano a coincidere con il tratto abitato sono coperti fino alla fine. I tratti tombati dei torrenti interessano diverse zone di Bosa e ogni affluente ha una specificità. Alcuni di questi sono stati modellati a piacimento per bisogno urbanistico.

In via Planargia, viene incanalato il corso d’acqua per circa 40 metri parallelamente alla SP 15 (Torrente S’Aladerru) e attraversa la strada provinciale in un tombino. Successivamente, il flusso d’acqua prosegue attraverso i cortili di alcune case per tornare lungo la via Planargia, dove si unisce al canale tombato Su Codulanu quello vicino al campo da calcio.   

In via S’Istagnone, la via a Bosa Marina, un altro fiume (quello che scende da Monte Furru) viene intercettato nei pressi di un condominio e intubato per 81 metri, per poi attraversare la strada principale e immettersi nel canale “Campu ‘e mare” insieme ad un pozzetto e intubato per 71 metri che attraversa la strada principale. Infine, l’affluente del Riu Piras (canale tombato Teriddi), viene intubato per 25 metri prima di entrare nel canale, con caratteristiche simili al canale principale e una soletta rialzata di circa 1 metro dal piano di campagna.

Canali Tombati Bosa

Perché si allaga

Gli allagamenti che hanno interessato la valle non possono essere riconducibili a delle “bombe d’acqua” fuori misura, o almeno, non in maniera preponderante. Le inondazioni sono dovute specialmente all’inadeguatezza del sistema fino ad allora costituito per contenere le piene e per raccogliere l’acqua piovana, una inadeguatezza – che anche adesso, in questi anni, si sta facendo sentire sempre più presente – della costruzione di canali artificiali, che siano questi tombati (in larga parte) o meno, che non consentono di far defluire l’acqua piovana correttamente. 

Un’altra causa, da tenere sott’occhio, è l’eccessiva impermeabilizzazione del territorio. E’ provato, ma anche facilmente riconducibile a logica, che più costruisci o più getti cemento senza una particolare attenzione al paesaggio in cui ti trovi, e più l’acqua – che sia questa caduta fuori misura o che sia la conseguenza di una cattiva gestione dei canali per contenere i torrenti appendice – non verrà assorbita dal terreno e creerà alluvioni. 

Rigurgito di un tombino, Bosa, agosto 2024-2

Quindi, la maggior parte degli eventi alluvionali nel centro abitato di Bosa sono stati causati non solo dal rigurgito della rete di raccolta delle acque piovane ma anche da una malagestione complessiva di secoli. Quando il livello del fiume Temo diventa troppo alto, il sistema di drenaggio non riesce infatti a smaltire l’acqua, che si riversa sulle strade cittadine. La situazione è aggravata dalla presenza di canali sotterranei che attraversano il centro urbano, convogliando grandi quantità d’acqua da bacini periurbani estesi fino a 5 km².

Un progetto che fa discutere

I bosani hanno sempre avuto un motto che descrive appieno l’animo che domina le vie del borgo colorato: “Quando piove, tu lascia piovere”. Un motto e uno stile di vita che ora però non basta più e non deve nemmeno essere la regola. Gli abitanti un altro allagamento se lo aspettano ma non vogliono abituarsi. Un disincanto culturale e ambientale che non deve fermarsi alla prima polemica: c’è bisogno di un discorso più ampio e non solo abitudinario. Come quelle discussioni che si fanno al bar davanti ad una partita di calcio. Il cambiamento climatico è ora e lo abbiamo davanti ai nostri occhi. 

“La risposta della Regione, davanti ad un quadro storico e ambientale diverso da quello di 15 anni fa, è portare a termine, senza se e senza ma, un progetto del 2009. Senza la Valutazione di Impatto Ambientale, non considera i cambiamenti climatici. Un progetto di intervento parziale come può risolvere i problemi di Bosa? Qui si ignora la vera causa del problema: i compluvi minori che senza un’adeguata manutenzione sono la principale causa degli allagementi”, conclude Cristiana Cacciapaglia, consigliera comunale in minoranza di Bosa. 

Spesso si tende ad attribuire la causa a fattori immediati e visibili, come tombini ostruiti o problemi legati alla vegetazione, senza considerare la complessità delle cause sottostanti. Il cambiamento climatico e una gestione inadeguata del territorio sono fattori decisivi. Proprio in questo periodo abbiamo visto disastri naturali, allagamenti, onde in città che spazzano via colonne di macchine. Valencia e la vicina Emilia-Romagna (ancora una volta) ne stanno pagando le conseguenze. E non smetteranno finché non ci sarà un discorso serio e deciso che prenda in considerazione la storia che cambia, il tempo che scorre. Sono stati – e saranno – disastri non del tutto casuali.



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