Che una regione come la Liguria possa aver perso il 18 per cento del proprio Pil in soli tre mesi di inchiesta giudiziaria (Giornale di ieri) non fa più notizia in Italia ma neanche più a Bruxelles, in Europa, dove è ormai chiaro che la giustizia è «il» problema di questo Paese: perché a suo modo li racchiude tutti, e il suo malfunzionamento rappresenta un freno allo sviluppo e all’attrazione di capitali esteri, ciò che in concreto interessa agli indicatori internazionali assai più di qualche caso di malagiustizia raccolto da noi giornalisti peones e talvolta rimasticato nei talk show. Bankitalia sottolinea da una vita la scarsa produttività dei tribunali (la produttività è data dal rapporto tra il numero di procedimenti definiti e i giudici che se ne occupano) ma nulla cambia in una corporazione dove pochissimi fanno moltissimo. Lo spiegò Mario Draghi nel suo discorso al Senato da neo Presidente del Consiglio: «Il sistema giudiziario sostiene il funzionamento dell’intera economia, l’efficienza del settore Giustizia è condizione indispensabile per lo sviluppo economico e per un corretto funzionamento del mercato». Ma la sua Riforma Cartabia poté pochissimo perché fu chiaro, da subito, che almeno un paio di articoli della Costituzione erano scogli insormontabili: il 104 («la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere») e il 105 «spettano al Csm le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari»). Ma sin dai tempi dell’Assemblea Costituente fu osservato che riconoscere un simile autogoverno alla Magistratura avrebbe significato creare uno Stato nello Stato, una casta intangibile. In Europa, pure, oggi ben conoscono i soli primati che la nostra magistratura detiene: tra questi, le ferie più lunghe d’Occidente, la facoltà di lavorare o praticamente di non farlo (controlli non ce ne sono, non esiste «cartellino», molte toghe si portano il lavoro a casa) senza contare la chiusura estiva dei tribunali (che è una chiusura non formale ma effettiva, tanto che la maggioranza degli avvocati è costretta a prendere le ferie nello stesso periodo) mentre anche osservatori neutri (Fondazione Einaudi, The European House-Ambrosetti) sciorinano dati che relazionano queste inefficienze con perdite di Pil che variano dall’1 all’1,3 per cento annui. Ancora Mario Draghi, da governatore della Banca d’Italia, ma nel maggio 2007, riconobbe che il Paese aveva smesso di crescere anche e soprattutto per la lentezza della giustizia, e che «la durata dei processi ordinari di primo grado supera i mille giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale». Questo a dispetto degli stipendi dei magistrati italiani che sono tra i più alti del mondo (se non i più alti) con una spesa per la giustizia che, secondo il Consiglio d’Europa, corrisponde a circa 70 euro per abitante, quando la Francia, a parità di giudici e cancellieri, ne spende 58. Il rapporto dell’Unione europea sullo Stato di diritto pubblicato prima che Draghi si insediasse a Palazzo Chigi (febbraio 2021) rilevava anche aspetti astrattamente positivi, come «un solido quadro legislativo per salvaguardare l’indipendenza della magistratura, compresa l’indipendenza dei pubblici ministeri» (e non c’erano dubbi) dopodiché si osservava che a favorire una vasta serie di reati, in Italia, sembravano essere proprio il malfunzionamento della macchina giudiziaria e i soliti tempi lunghi della giustizia.
«Lo vuole l’Europa» dicevano allora un po’ tutti (su tutto) ma pare l’avesse detto anche Draghi sulla Giustizia: ma ormai, sondaggi alla mano, lo voleva anche l’Italia. I soldi del Recovery fund e del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) sarebbero arrivati (o arriveranno) solo se i tempi giudiziari saranno tagliati come chiede Bruxelles.
Dunque niente rinvii: le proteste delle opposizioni sono state liquidate e anzitutto fu liquidata l’abolizione della prescrizione, dunque una magistratura in grado di tenerti sotto scacco a vita e di commisurare i tempi della giustizia secondo i comodi propri. Ma poi c’è da modificare la Costituzione, che non è poco. Lavori in corso.
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