Il quartiere Pozza Strada è stato scosso da un episodio di violenza davanti alla scuola media Drovetti, che ha coinvolto studenti e genitori in una spirale di tensioni e aggressioni. La vicenda non è solo una questione di bullismo tra adolescenti, ma una vera e propria faida che ha coinvolto anche gli adulti, sollevando interrogativi sull’incapacità di gestire i conflitti nelle comunità scolastiche. Insulti, sputi, calci e persino minacce di ritorsioni hanno caratterizzato questa escalation, culminata con il ferimento di una madre intervenuta per difendere un ragazzino preso di mira.
La scuola media Drovetti non è nuova a situazioni di tensione. In passato, era stata al centro delle cronache per episodi di bullismo, ma questa volta il dirigente scolastico, Pietro Perrone, ci tiene a chiarire: “Questa volta è diverso. Non si tratta di episodi ripetuti ai danni di una sola vittima, ma di una faida tra famiglie, con minacce e aggressioni che coinvolgono anche i genitori.” La situazione, esplosa l’8 ottobre con un episodio di violenza tra ragazzi, ha trascinato con sé un vortice di minacce reciproche, atti intimidatori e accuse incrociate, creando un clima di insicurezza palpabile.
Secondo le prime ricostruzioni, tutto sarebbe nato da un insulto razzista pronunciato da uno studente, che avrebbe scatenato una rissa tra compagni. Tuttavia, la madre di Alberto, il ragazzo aggredito, racconta una versione differente: “Aveva prestato dei soldi a un compagno per una bibita. Quando ha provato a chiederli indietro, è stato pestato. Gli dicevano che ‘non poteva chiedere soldi a chi è sotto protezione’.” Il ragazzo, oltre alla violenza subita, si è trovato al centro di minacce che hanno coinvolto anche la sua famiglia, con una spirale di ritorsioni culminata in un episodio di vandalismo: il taglio dei freni della bicicletta della madre.
Genitori in prima linea e un clima di paura costante
Quello che era iniziato come uno scontro tra ragazzi è rapidamente sfuggito di mano, coinvolgendo i genitori in una serie di confronti accesi. Le tensioni non si sono limitate all’area della scuola, ma hanno invaso anche la quotidianità delle famiglie coinvolte. Alcuni genitori hanno iniziato ad accompagnare personalmente i figli da e verso la scuola per timore di ulteriori episodi di violenza. Una delle madri racconta: “Noi ormai facciamo da guardie del corpo ai nostri figli. Li scortiamo ogni giorno per paura che possano subire ritorsioni dopo quello che è successo.”
Il dirigente scolastico, nel tentativo di arginare il clima di paura, ha organizzato incontri con i genitori e consigli di classe straordinari. Tuttavia, l’iniziativa non è bastata a rassicurare le famiglie. “Ci aspettavamo provvedimenti più incisivi, ma ci sentiamo lasciati soli,” denunciano alcuni genitori. Intanto, la scuola ha sporto denuncia per cercare di fare chiarezza sull’accaduto, mentre una delle fazioni familiari coinvolte si è affidata a un legale per tutelarsi.
La vicenda della scuola media Drovetti non è un caso isolato, ma il simbolo di un problema più ampio. Il preside Pietro Perrone difende l’operato dell’istituto, pur riconoscendo le difficoltà nel gestire un conflitto che va oltre le mura scolastiche: “Abbiamo cercato di avviare un’azione di ascolto per evitare di arrivare in tribunale. La situazione è complessa, ma non paragonabile ad altri episodi del passato, quando ci siamo trovati a fronteggiare atti di vera delinquenza. Qui ci sono tensioni familiari che ci hanno travolti, rendendo difficile il nostro compito educativo.”
Scuola media Drovetti di Torino
La comunità di Pozza Strada si interroga su come si sia arrivati a questo punto e su quali siano le responsabilità delle istituzioni scolastiche, delle famiglie e della società nel suo complesso. Mentre le indagini proseguono, resta la domanda su quale sia il messaggio che si trasmette ai giovani in un contesto in cui le controversie si risolvono con minacce e violenza.
La vicenda ha acceso un dibattito su come le scuole possano prevenire e gestire situazioni di conflitto che coinvolgono l’intera comunità. Servono misure più incisive? Più dialogo tra le parti? O un intervento esterno che vada oltre la semplice denuncia? La Drovetti, nel frattempo, diventa il simbolo di una sfida educativa e sociale che richiede soluzioni urgenti e durature. La comunità resta in attesa di risposte, nella speranza che episodi come questo possano essere evitati in futuro, restituendo agli studenti un ambiente sicuro e sereno.
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