Le contestazioni al centro del procedimento militare riguardano la consegna da parte di Biot a un diplomatico russo di una Micro SD contenente numerose immagini di documenti segreti o riservati. La prima sezione penale della Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dal condannato contro la sentenza militare di secondo grado
Confermata in via definitiva dalla Cassazione la condanna a 29 anni e 2 mesi inflitta dalla Corte militare d’appello a Walter Biot, l’ufficiale dello Stato Maggiore della Marina Militare accusato dei reati di procacciamento e rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio e altro. Il 58enne capitano di fregata – moglie e 4 figli – venne arrestato in flagranza dai carabinieri del Ros. La prima sezione penale della Suprema Corte oggi ha respinto il ricorso presentato da Biot contro la sentenza militare di secondo grado.
I reati
I fatti principali risalgono al 30 marzo 2021. Cinquemila euro la somma ricevuta da Dimitri Ostroukhov, assistente dell’addetto militare dell’ambasciata russa a Roma, Alexey Nemudrov, in cambio di una scheda Sd che conteneva una serie di atti fotografati da Biot nel suo ufficio presso lo Stato Maggiore della Difesa, settore Politica militare e pianificazione, che si occupa della proiezione di tutti gli assetti italiani della Difesa in teatri operativi esteri e della polizia internazionale delle forze armate italiane sotto l’egida Nato, Ue e Onu. Si tratta di una serie di documenti: 47 notizie ‘Nato secret’, 57 ‘Nato confidential’ e 9 con classifica ‘riservatissimo’. Agli atti dell’indagine ci sono anche tre video del 18, 23 e 25 marzo del 2021 in cui l’ufficiale è immortalato mentre fotografa dal pc i documenti da consegnare ai funzionari di Mosca.
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Il secondo filone giudiziario
La pronuncia della Suprema corte riguarda solo il filone finito all’attenzione dei giudici con le stellette. La vicenda, infatti, ha anche una tranche davanti ai giudici ordinari che in primo grado hanno inflitto a Biot, detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), 20 anni di reclusione. In questo capitolo di indagine i pm di piazzale Clodio contestano all’indagato la rivelazione di notizie che per la sicurezza nazionale dovevano rimanere segrete, spionaggio e corruzione.
Nella requisitoria il sostituto procuratore generale militare chiedendo il rigetto del ricorso dell’imputato ha affermato che Biot “aveva accesso sia alla documentazione cartacea che a quella in formato digitale.- Se non ci fosse stato l’intervento della polizia giudiziaria la sua attività sarebbe andata avanti”.
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