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Mattarella: «I conflitti istituzionali diffondono nel Paese un clima di sfiducia. No a poteri accentrati»


di
Marzio Breda

Il capo dello Stato: «Migranti, integrazione potente fattore di sicurezza. L’interlocuzione è un rito, l’esplicarsi della democrazia di un Paese»

Gli hanno appena segnalato che la riduzione dei consumi delle famiglie è un riflesso del «diffondersi di un clima di sfiducia», e lui annuisce, perché questa diagnosi la conosce già. Per cui la fa propria, aggiungendo che sì, è come se «i fondamentali positivi dell’economia non riuscissero a bilanciare gli effetti del clima di conflittualità politica e istituzionale». E qui si concede una pausa di eloquente rassegnazione, infatti gli sfugge un: badate che «i tempi facili sono un inganno» e dunque un potenziale rischio seguire la logica del tutto subito.

Così dice Sergio Mattarella all’assemblea della Confesercenti, e avrà di sicuro in mente i suoi nove anni di sforzi per civilizzare il confronto pubblico e renderlo meno fazioso e a volte perfino isterico. Il che non è una questione di galateo, ma la precondizione per assicurare, attraverso il rispetto reciproco, una stabilità costruttiva. Ecco perché evoca spesso la leale collaborazione fra organi dello Stato. Specie ora, mentre va in scena l’ennesimo scontro tra due poteri — esecutivo e magistratura — che anticiperà altre prevedibili prove di forza con l’avvento di alcune riforme costituzionali, dalla giustizia al premierato.




















































Una controversialità infinita che il presidente si sforza di dissipare con una delle sue riflessioni, tra il pedagogico e il prescrittivo. «Il nostro ordinamento», spiega, «è qualcosa di più di un insieme di norme e di forme. La democrazia è sostanza. Si invera in uno sviluppo sociale dove libertà, uguaglianza, equità rappresentano l’obiettivo e lo spirito di iniziativa è incoraggiato da istituzioni non invasive e poteri non accentrati. Con questo prezioso bagaglio andiamo incontro ai tempi nuovi».

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Certo, Mattarella parla ai protagonisti di quelle imprese che rappresentano «la spina dorsale del sistema Italia». Ma i destinatari del ragionamento sono anche i partiti, che coglieranno per forza le assonanze con quanto ha sottolineato sabato scorso, indicando le regole e la coscienza dei limiti, per impedire che qualcuno «abbia troppo potere». Lo schema dei check and balance, insomma.

Una visione costituzionale echeggiata a tratti pure ieri. Per esempio, quando il capo dello Stato ricorda, un po’ alla maniera di Aldo Moro, dove possa portare l’impegno a ricomporre i contrasti. «Il ruolo dei corpi intermedi, la concertazione tra parti sociali e istituzioni consentono di raggiungere punti di equilibrio e di costruire il futuro. Il dialogo, l’ascolto, sono gli strumenti che hanno consentito all’Italia di progredire». 

Fin qui il passato e si può avere una motivata nostalgia di quei tempi, vedendo come le cose stanno cambiando. «Si colgono, talvolta, spinte a considerare un valore la rottura, lo scontro. Quasi che il progresso non passi, al contrario, attraverso la coesione e la partecipazione». Mentre invece «l’interlocuzione non è un inciampo, un fastidio, un rito: è l’esplicarsi della democrazia di un Paese, della vita di una comunità non di sudditi, ma di cittadini consapevoli».

Ed è in questo snodo che il presidente si inserisce in una delle questioni più dilanianti degli ultimi mesi: l’immigrazione. Che dal governo viene additata come fonte di troppi problemi, violenze e, stando al ministro Valditara, la crescita dei femminicidi. Adattando il tema al suo uditorio e concentrandosi sui migranti regolari, il presidente dice: «Il rilancio dell’economia passa dalla consapevolezza del ruolo di ciascun attore del tessuto produttivo… e sta crescendo anche la presenza di aziende guidate da cittadini immigrati. Dal commercio giunge pertanto anche un impulso all’integrazione, potente fattore di sicurezza».

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19 novembre 2024 ( modifica il 19 novembre 2024 | 22:12)



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