Meno crescita e più imprese in difficoltà, anche se nella maggior parte dei casi evitando il peggio. Questo, in sintesi, l’andamento dell’economia lombarda nel 2024. Bankitalia fotografa che nel primo semestre il pil lombardo è aumentato dello 0,4%, in linea con l’andamento nazionale, ma a un ritmo nettamente più lento della Sicilia, che corre con il suo +1% sulla prima metà del 2023. Anche se va ricordato che sui risultati economici dell’Isola negli ultimi mesi dell’anno incombe l’emergenza idrica che da mesi la sta affliggendo.
Non ci sono comunque segnali di recessione in Lombardia, continua Via Nazionale, ma semplicemente anche nel terzo trimestre dell’anno è proseguita la debolezza che ha caratterizzato lo scorso anno e la prima parte del ‘24. A sostenere la crescita è il settore dei servizi, soprattutto nei comparti che hanno beneficiato dell’aumento del turismo. D’altro canto, l’attività produttiva del settore delle costruzioni ha rallentato e la produzione dell’industria ha segnato un -1,2%, risentendo della debolezza della domanda sia interna che estera, principalmente quella dalla Germania, tradizionale punto di riferimento e ora in difficoltà.
Però, sottolinea Bankitalia, i profitti delle imprese lombarde si sono mantenuti elevati e la quasi totalità delle aziende ha valutato le proprie disponibilità liquide sufficienti per fronteggiare le necessità operative e il rimborso delle rate dei finanziamenti.
Aumentano le richieste di composizione negoziata
La debolezza del sistema produttivo della Lombardia si coglie anche sfogliando i dati dell’Osservatorio di Unioncamere sulla composizione negoziata della crisi d’impresa: la regione guidata da Milano si conferma quella con il maggior numero di istanze presentate, attestandosi a 436 entro novembre 2024, il 23,4% dei 1.860 totali.
In Lombardia si concentrano anche il maggior numero di chiusure con successo delle composizioni negoziate ben 56. D’altronde «non per tutte le imprese è consigliabile la strada di questo strumento flessibile, non concorsuale nonché mutuato dall’esperienza statunitense», ha spiegato a MF-Milano Finanza, l’avvocato Giovanni Nicchiniello, senior partner dello studio Orsingher Ortu Avvocati Associati.
Non è da suggerire la composizione a imprese «con pesanti indebitamenti e importante frammentazione del debito, perché diventa difficile mettere d’accordo tanti stakeholder nei 180 giorni previsti, a cui possono aggiungersi al massimo ulteriori 180 giorni». Laddove le tempistiche molto brevi, in media una chiusura favorevole richiede in media 325 giorni, sono uno dei principali punti di forza di questo strumento.
L’impresa per scegliere la via della composizione negoziata per uscire dalla crisi deve «garantire prospettive di risanamento e operare in un mercato non obsoleto ma con potenzialità di crescita» altrimenti è più complicato trovare un fondo di private equity o un investitore singolo disposto a scegliere di avventurarsi in questa direzione. Non sorprende che quindi i dati di Unioncamere mostrino che il valore medio della produzione delle imprese che hanno avuto un esito positivo della composizione è di circa 13 milioni di euro. I settori dove si è registrata la maggior parte dei casi di successo sono la manifattura (21,5%) e il commercio (19%).
Per quanto «le dimensioni non siano determinanti», sottolinea Nicchiniello, il valore medio di addetti per impresa per cui ha avuto successo la composizione negoziata è 64 e, nelle classi dai 10 addetti in su, si concentra oltre il 60% delle imprese, di cui il 21% presenta un numero di addetti superiore a 100.
Crescono occupazione e reddito in Lombardia
Al di là della dimensione imprenditoriale, Bankitalia sottolinea che nella prima metà dell’anno l’occupazione in Lombardia è cresciuta e il reddito delle famiglie ha ripreso a salire, beneficiando anche dell’aumento delle retribuzioni legate ai rinnovi contrattuali. A fronte però di inflazione al consumo che è rimasta prossima all’1% e riuscendo solo in parte a compensare la perdita di potere d’acquisto subita nel biennio precedente.
Non si può pensare di affermare che la «Lombardia non è più la locomotiva d’Italia» ha commentato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Non solo la Lombardia è «in grado di garantire 56 miliardi di residuo fiscale all’anno al Paese» ma è anche «una delle regioni più competitive d’Europa, il territorio che attrae in assoluto più investimenti dall’estero e che produce il 26% dell’export italiano ogni anno». Dati, conclude Fontana, che «confermano la nostra capacità di essere leader economico d’ltalia e a livello internazionale». (riproduzione riservata)
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